giovedì 14 novembre 2013

LO ZEN E L'ARTE DI VIVERE ALLO ZEN

Innanzi tutto: cos'è lo zen?
Non è che adesso arrivo io, the first pirla, a spiegare una filosofia millenaria.
Già solo chiedersi cosa significhi la parola dà l'idea del livello di perversione: è un termine giapponese ripreso da un ideogramma cinese derivato dal sanscrito... meditazione comunque, se ve lo state ancora chiedendo.
Significa meditazione, perseguita con l'obiettivo di giungere al satori, l'illuminazione.
Arrivato qui, da buon europoide, credendo di avere una base solida sotto i piedi potrei pensare di essere più vicino alla comprensione della materia; invece no.
Perchè la dottrina zen, a livello puramente semantico, non può essere ricondotta a sistema o struttura riconoscibile perché ciò equivarrebbe a fraintenderla e, quindi, a distruggerla, in quanto essa è pura astrazione spirituale, non-distinzione delle cose che conduce alla visione assoluta del tutto.
Praticamente LSD, se ricordiamo ciò che diceva Aldous Huxley fatto marcio di acido nelle sue "Porte della Percezione".
Però senza la sostanza in circolo, ecco perché il monaco zen passa la vita a cercare di riprodurre questo stato di coscienza (quando gli basterebbe passare un sabato sera all'Hollywood e leccare un francobollo).
Io, come molti altri incuriosito e affascinato, ho cercato di strisciare il più vicino possibile alla materia senza essere visto da lei leggendo quei due, tre testi canonici per dummies: 
Questo, che hanno approcciato anche i sassi, per moda, per passaparola o perché la confezione dei libri Adelphi è sempre la più figa (e odorosa di buono), che ho lasciato al suo destino prima di metà, scoglionato dalle peripezie di un padre col figlio problematico che passano il tempo a discettare sulla misura della chiave per cambiare le candele mentre attraversano l'America.
Lo zen non ce lo trovai manco per il cazzo, ma fu evidentemente colpa mia perché il libro invece merita: leggetelo.
Cosa che rifarò anche io, tra un po'.
Il secondo è questo:
E qui le cose sono cambiate, all'improvviso l'illuminazione è arrivata, laddove l'autore scrive del lancio della freccia sotto gli occhi del maestro zen.
Lui, allievo, incocca la freccia, tende la corda, prende la mira e tira, l'altro apparentemente fa lo stesso ma in sostanza fa tutt'altro: entra in una dimensione nella quale la freccia LASCIA l'arco per colpire il bersaglio, non viene lasciata dall'arciere.
L'azione travalica il gesto, l'intenzione, origina dal tutto.
Sottilissima distinzione in apparenza, a pensarci invece sono chilometri e chilometri di differenza.
Anzi non a "pensarci" e basta, magari nei tre minuti abbondanti di una cagata, intendo proprio meditandoci con calma e in tranquillità (roba che farebbe bene a tutti riscoprire, va là).
Bel casino.
Ma la cosa più bella è che ciascuno può trovare in quest'esempio il primo barlume di comprensione alla faccenda, per me è stato così, mi è apparso lampante anche per una paio di cose che ho sperimentato personalmente nel passato sul fare qualcosa (trattavasi di gesto sportivo) attuato esattamente secondo questa descrizione, un atto che origina dopo aver superato l'esperienza che hai acquisito, non da essa.
Purtroppo la condizione non mi è più riuscito di raggiungerla, ma vabbè, è già grasso che cola aver avuto un fugace assaggino.
E qui faccio un salto verso un altro Zen, assai più ancorato al terreno, quello di Palermo.
Qui il significato non è "meditazione" ma  Zona Espansione Nord.
Lo dobbiamo a questo signore qui:


Vittorio Gregotti, architetto.
Non fatevi ingannare da questa faccia da nonno buono che tutti vorremmo: quest'uomo ha commesso svariati altri crimini, tra i quali il quartiere Bicocca a Milano, ad esempio, e nonostante ciò è tutt'ora a piede libero.
Però, se la Bicocca s'è salvata per un pelo essendo a Milano, a Palermo lo Zen è andato incontro a ben diverso destino, stretto da subito tra influenze mafiose, racket delle case popolari e occupazioni abusive selvagge, prima ancora che fosse terminato (la fognatura non è completa, per dire) ed altre amenità, non ultima la galeotta gestione dell'affare da parte dell'amministrazione comunale.
Quindi voilà, un progetto pesante di suo dieci tonnellate (organizzato per "insulae" che sono l'agiografia dell'esclusione) come da tradizione gregottiana, s'è trasformato in un laboratorio antropologico a cielo aperto (come le fogne, appunto), laddove lo spaccio di droga e tutte le altre più edificanti attività umane vengono portate avanti come unica risorsa.


(Red Bull organizza un evento "no limits" allo Zen: si tratta di andare porta a porta a verificare la raccolta differenziata. Iscrivetevi sul sito.)


Posto che, conoscendo l'Italia e gli italiani niente si farà mai per migliorare le condizioni di vita dei residenti, ci sono da rilevare alcuni inquietanti punti di contatto con il romanzo di James G.Ballard "Il condominio" (High-Rise), questo qui:
In un grattacielo nuovo di zecca, dopo i primi tempi avvengono crescenti episodi di intolleranza tra condomini per cause futili, inesorabilmente tutti scivolano verso la perdita delle inibizioni, liberando la violenza animalesca che soffochiamo con educazione e convenzioni.
Continueranno per un po' a lavorare e condurre vite normali, ma avvertendo sempre più il bisogno di rientrare nel Condominio per vivere la vita vera, per saccheggiare, stuprare e agire come le bestie che in fondo siamo, isolandosi dal mondo esterno e godendone.
Leggetelo, merita imho.
Chiudo dedicando ai palermitani dello Zen questa storiella zen, perché nella loro condizione l'illuminazione potrebbe essere dietro l'angolo:

" C'è un allievo che da tre anni vive su di un'isola col maestro, ma che, non avendo avuto risultati, gli comunica di volersene andare.
- Sei stato qui tre anni, prova ancora per tre mesi - dice il Maestro.
Passano tre mesi inutilmente, quindi torna a manifestare l'intenzione di lasciarlo.
- Sei stato qui tre anni e tre mesi, fermati ancora tre settimane.
Ma ancora niente progressi, e di nuovo prepara il fagotto.
- Sei stato qui tre anni, tre mesi e tre settimane: fermati ancora tre giorni. Se saranno inutili, suicidati.
Al secondo giorno l'allievo trovò l'illuminazione. "


P.s.
Chi dovesse dirmi su che moto viaggia il protagonista del libro di Pirsig me lo faccia sapere e si vedrà regalare una copia di Nuvola Nove (vedi home page per i dettagli).

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