martedì 9 maggio 2017

Chissà chi lo sa?

La mattina dormo.
Perchè sono uno scrittore coi controcazzi e questo fanno gli scrittori coi controcazzi la mattina: dormono.
Però il bello sta nello smettere di farlo e non alzarsi, rimanendo lì con la palpebra calata e il cervello che comincia a stiracchiarsi e fare ginnastica.
Sfortunatamente stamattina, la mia poltiglietta grigia ha deciso di porsi domande un filo più strutturate del solito "prima la cacca o i cereali?", ponendomi dispettose domande.
C'è logica nel caos?
Guarda un po' 'sto stronzo cosa ti va a pensare.
All'inizio non ho fatto una piega, no, non c'è, sennò che caos sarebbe?
Però, però, ripensandoci, sempre immobile e sempre con gli occhi chiusi ho dovuto ragionarci un po'.
Lottando con la mia ignoranza e l'istinto ho dovuto aprire una concessione alla possibilità che sì, possa esserci logica anche dove non si direbbe.
C'è un filosofo che mi possa aiutare please?
Queste sono lane caprine che credo cardino quei tipi là.
Ma mi vanno bene anche saltimbanchi e imbonitori, a volte l'opinione più brillante viene da dove meno te l'aspetti, anche perché dando uno sguardo qua e là le teorie in giro mi lanciano ignudo in bocca a matematica, fisica quantistica e altra roba che mi fa seccare i coglioni all'istante.
Affascinante, niente da dire, ma per me un muro di mattoni alto un chilometro.
Quindi?
Ho volutamente lasciato da parte il termine entropia, che è quello con cui il caos si presenta in società, un po' come "Saruzzo" in famiglia e Rosario in Comune.
Intignito, ho aperto qualche documento in rete e ho finito per convincermi, dopo colpi di teorie astruse (per me, ovvio) e lunghe frasi di cui non ho capito minimamente il significato, che l'essere umano è veramente immerso nel nulla, nell'ignoranza più crassa.
Una razza di depressi predestinati all'annientamento se non fossero stati invenati psicofarmaci e antidepressivi.
Non sappiamo niente di niente, teorizziamo, preghiamo, guardiamo il Trono di Spade per non menarcela troppo e via.
Questa tremolante situazione globale mi conforta, l'incompiutezza delle nostre vite e dei nostri gesti eleva l'infimo, ci mette tutti sullo stesso piano, checché dicano gli Alfa agli altri per tenerli sotto il calcagno.
Siatene fieri Beta e sottoposti di tutto il mondo, nessuno sa un cazzo di niente.








martedì 2 maggio 2017

Il signor Gramatica

Il Signor Gramatica la notte prima è andato di corpo.
Si è stupito perché la stitichezza lo accompagna fedele nella sua ultima tratta, ostinata e contraria.
Ma molto c'entra il metallo.
È sempre stato molto importante per Gramatica, perchè ci ha plasmato l'esistenza e da quello ne è stato plasmato.
Quarant'anni da battilastra, un mestiere nobile e segreto, rovente come un antro magico, sempre con un martello in una mano e l'altra a scorrere su quelle pelli duttili.
Sotto una maschera di legno, sopra un foglio di alluminio, dritto come un lenzuolo inamidato.
Poi una serie di corteggiamenti, diminuendo la grandezza dello strumento, battendo, picchiettando, accogliendo tensioni, fino a far sparire bugne e imperfezione e tendere il lenzuolo in altro modo, come una colata d'argento che riempie le narici e il cuore.
Ne ha battute di carrozzerie Gramatica, quando ancora un'auto valeva un abito di sartoria.
Ora non più, da tanto tempo.
Un tempo lunghissimo, proprio lunghissimo, nel quale ha solo fluttuato.
L'armatura è lì, appoggiata ad un busto.
Lastre acquistate all'ingrosso, scelte un po' così, perché non è più il tempo delle antiche ferrazze, a volte al Brico, a volte da scarti di fabbri amici suoi, vecchi di scintille spente quanto il Signor Gramatica.
Ha imparato tecniche nuove vecchie di secoli, il bulino e l'azzurratura, lavorando la notte perché il sonno ormai è un miraggio.
S'è sentito di nuovo giovane, Gramatica, vivo e diretto da qualche parte, non sa dove e non gli importa.
L'elmo l'ha voluto semplice, solo due corna in cima, giusto ai lati del pennacchio.
E gli spallacci, beh, quelli li ha rifiniti per giorni e giorni, con girali d'acanto che ha scovato su certi libri presi al Castello dando fondo alla pensione minima.
La notte in cui le forme hanno preso il loro ordine sul suo corpo rattrappito è stata la migliore che Gramatica ricordi.
Con eccitazione s'è dato alla politura, pasta abrasiva sempre più fine e passate continue, come onde del mare, avanti e indietro, avanti e indietro, fino alla luce.
L'armatura ora brilla come cromo sotto la lampadina, insieme con la lama, uno spadone che Gramatica ha ben bilanciato servendosi dei pesini di un attonito gommista.
Non ha previsto scudo.
Non servirà.
Attende Gramatica, attende un segno, con quell'eccitazione che si accumula nel solo pensiero dell'atto rendendo delizioso il tormento e l'attesa trattenuta.
Domenica mattina il sole splende.
Tutti pezzi vanno al loro posto, serrati da cinghie di cuoio e moschettoni d'ottone.
Spessore variabile sulla panziera, mobilità flessibile per mani e piedi coi loro anelli d'acciao dolce ripiegati come spirali infinite.
È il lavoro migliore del Signor Gramatica, la sintesi di una vita spesa nel metallo.
Esce presto per la strada, sferragliando come un commesso del ferramenta che frughi cercando brugole nel retro.
Sale sulla metropolitana, tenendo la spada inguainata nel fodero di tessuto ricamato.
Poca gente assonnata, lo guarda e commenta in cento lingue, sorride perché quel cavaliere anacronistico mette di buon umore con tutto quel luccicare.
Sale le scale mobili e chiude la visiera prima di vedere il Duomo.
Da lì dietro la facciata bianca è ancora più frastagliata, filtrata da aperture a forma di croce latina.
Poi, lentamente sguaina la lama, con un suono puro e definitivo.
Scciuum, una cosa così.
Il primo a cadere è orientale,
Di netto la femorale, con un getto perfettamente paralello al terreno che stupisce sia lui sia Gramatica.
Cade urlando a terra, rotolandosi in una pozza che va allargandosi sotto i calzari di ferro.
Scivola sul rosso Gramatica, ma subito si rialza, pieno di energia creativa, di vita.
La testa di una grassa turista inglese è la seconda.
Il marito pare sorpreso vedendola spiccata con così tanta precisione e con aplomb osserva il capo della moglie rotolare sul sagrato, facendo sollevare qualche piccione, fissarlo negli occhi.
Il cavaliere ora mulina con tutta la forza, sollevando schizzi di sangue dai corpi che cercano la fuga, brandelli di materia cerebrale, ossa, il metallo non ha occhi, non esprime giudizi.
Definisce.
Sirene, polizia, armi da fuoco.
La pelle non riluce più, il cromo è rosso, sgocciola anime da ogni ribattitura, da ogni anello di maglia.
Gramatica ansima, inquadrando dalla feritoia la Polizia schierata con le armi spianate.
Prende un respiro, poggiando la punta della spada a terra.
Poi la rialza, alzandola verso il cielo e va.
Crepitio, contraccolpi, proiettili deviati e la spada sempre davanti a sé.
Bruciore, al petto, spessore troppo ridotto, pensa Gramatica, altro bruciore al braccio, ma la spada non si abbassa, pochi metri ancora.
Avanzando si sentono le esplosioni secche delle armi da fuoco, lo sferragliare delle giunture e il rimbalzo dei frammenti di metallo che schizzano via scintillando.
A due metri dalla linea di fuoco si fa tutto nero.
Si trova in ginocchio senza quasi rendersene conto.
Avanza ancora qualche centimetro grattando con le ginocchiere, poi inquadra il selciato attraverso una delle croci.
L'ultima cosa che vede.
Che ridere, lui comunista ateo e bestemmiatore.




giovedì 13 aprile 2017

il Triangolo Quadrato

Il triangolo quadrato è sostanzialmente due cose: la prima una forma geometrica che Euclide rifiuterebbe ma il patafisico Jarry no, perchè il primo è un notorio rompiballe il secondo un guru involontario e perciò ancor più patafisico, la seconda il mio terzo romanzo che, finalmente, conclude la saga milanese e toglie di mezzo i tre protagonisti, almeno dalla mia vita.
Quando i personaggi ti girano in testa da troppo tempo ti senti un po' come alla vigilia delle grandi cene familiari, vorresti contrarre l'ebola per poter tirare il pacco all'ultimo momento, ma non puoi.
Lo scrittore invece può ed è una liberazione scaricarsi di quelle personalità che si è fatte crescere amorevolmente coll'aiuto dei plasmon per pagine e pagine.
Questa è la faccia del tomo




E sì, c'è un coccodrillo, e c'è anche un motivo perché sia lì.
Ma non spoilero.
Dopo aver esplorato i sotterranei, gli ospedali e varie altre zozzerie i tre famigerati Scandurra, Begotti e Benetti (che non è Benetti ma non ho mai capito come si chiami) si infognano nelle beghe condominiali di un palazzo di ringhiera della Vecchia Milano.
Lì un triangolo semplice, diciamo scaleno, diventa un triangolo quadrato: lui, lei, l'altro e l'assassino di qualcuno di questi.
Voilà.
Capito perché Euclide non riuscirebbe ad escogitare un teorema valido?
E un monito finale: state attenti quando partecipate alle riunioni di condominio a cuor leggero: là dentro si annida tutto il male del mondo e la bestia scorrazza libera, urlando e scorreggiando.
Mi si permetta una ulteriore notazione, nella scorsa settimana sono usciti anche quattro libri per ragazzi, editi da Gribaudo, che si intitolano "la città in tasca".
Si aprono formando un ambiente, anzi quattro, con plancetta e personaggi semoventi fustellati: una sciccheria per i fortunati piccini.
Testi miei e illustrazione della Dolce, Cristina Raiconi.



Ora, vorrei dire anche due cose sulla foto.
Cercavo di creare un personaggio e mi sono avvolto in saio da lettura e sdraiato sul divano, solo che l'agghiacciante immagine riporta un mezzo malato terminale agli ultimi sussulti.
Non è così, tranquilli, ho solo sbagliato caratterizzazione.
La prossima andrà meglio.