venerdì 11 luglio 2014

Aspettative

Vabè.
Ritorno qua sul luogo del delitto dopo un bel po'.
Ho i miei motivi.
Però sapere che il libro vendicchia mi fa stare meglio, almeno sotto il profilo psicologico.
Adesso però è il momento di togliere al post di Annegando la prima posizione, perchè ormai s'è capito cos'è e dove trovarlo.
Non che ne avessi particolare voglia, non sapevo nemmeno cosa scrivere, solo che nell'ultimo periodo ho riflettuto sulle aspettative.
In generale e poi nello specifico, ma dirò meglio tra poco.
Prima vorrei parlare di una tizia che conosco e che improvvisamente, qualche anno fa, s'era "inventata" pittrice.
Non mi ricordo se prima della folgorazione avesse già avuto qualche prodromo artistico, comunque ad un certo punto, sorretta da buone conoscenze, era riuscita ad agganciare un bieco "mercante d'arte"che, dopo averne visionato le opere, ne aveva decretato un certo potenziale commerciale (non artistico neh, occhio).
Non tutte, cioè non lo stile tout court, solo un tipo, tele molto grandi, roba di metri per metri e pesanti, perchè si trattava non di solo colore ma anche materiali applicati a suggerire forme umane.
Verdetto: se vogliamo ottenere qualcosa (vendere) fammene dieci così, poi ti dico io quando cambiare colore/soggetto/sarcazz.
Ho semplificato, ma non troppo.
Dipinti su ordinazione, come per la stragrande maggioranza dei pittori odierni legati alla Galleria.
L'artista operava nel grande salone di casa, riducendolo il casino che ovviamente sono gli atelier dei pittori.
Avete mai visto una foto di quello di Francis Bacon?
Agevolo, così che sia chiaro perché poi dipingeva quel che dipingeva.








Bene.
Tutto questo racconto per dire cosa?
Uno, che lei, l'artista non lo è più perchè il mercante non ha trovato altri filoni e lei s'è smontata.
Due, che forse era stufa di avere un salone da far schifo.
Tre, che l'aspettativa è una brutta bestia.
Non è assolutamente significativo superare quella che sembra la barriera più impenetrabile, cioè l'emersione dalla massa di chi ci prova penetrando nell'elite che invece ce la fa.
Pubblicare un libro, un brano musicale, esporre un quadro o il culo sono prove di esistenza in vita gratificanti, ma effimere e vigliacche.
Perchè poi c'è l'aspettativa, non la nostra, quella assai più affilata del mondo esterno nei nostri confronti.
Saremo in grado di reggerla anche quando l'intenzione è di seguire il nostro istinto e non quello che chiaramente ci viene richiesto?
Essendo questo il mio blog, personalizzo.
Non so come la vedete voi col vostro di pubblico, scrivetelo da qualche parte magari, anche qui se vi va.
Annegando Milano è un giallo, ovviamente.
Proposto ad editori specializzati nel settore è stato pubblicato e lo trovate nel reparto specifico.
Non si sgarra, sei subito catalogato.
Però io non sono un giallista e non me ne frega niente di scriverne un altro di giallo.
Scrivere un giallo devasta, perchè tutta la carne che ti viene in mente di mettere al fuoco poi la devi cuocere a puntino, tutta, senza sgarrare perchè i lettori di quel genere sono feroci animaloni da preda che non perdonano (tu no A.T.P. a te ti salva l'aquila).
Già mi aspetto che, se la tiratura iniziale verrà esaurita, l'editrice mi potrà, magari timidamente, chiedere un seguito, anzi è quasi certo.
Stesso personaggio, altra avventura.
Probabile che le aspettative degli avidi lettori di gialli siano le stessa ed io finisca con l'essere atteso per il secondo round, una roba tipo Rianimare Milano magari.
Ed è qui che inizia il timore, perchè il secondo romanzo, che sto ultimando, è un thriller fantapolitico ambientato nel 2048 non un giallo.
Perchè quello avevo voglia di scrivere.
Piacerà Gaetano"Chen"Palombo quanto sta piacendo il sedicente Romeo Benetti di Annegando?
E quando andrò a proporre il manoscritto qualcuno mi dirà, magari deluso "ma non è il seguito di..."?
No, non è il seguito di.
Insomma capito?
La vita è proprio un casino che ci costringono a vivere strappandoci dal limbo delle anime vaganti.
Ma mettersi un goldone ogni tanto no?