lunedì 22 febbraio 2016

L'intestino di Giulia è felice

Mi hanno regalato questo libro:

:

L'ho affrontato senza sospetti, ridacchiando per l'impostazione e rompendomene le balle dopo venti pagine.
Poi però approfondisco la cosa e scopro che Giulia Enders, che lavora in campo medico e ne è l'autrice, in Germania ha venduto una milionata di copie del libro in questione.
Allora smetto di ridere e ci rifletto un po' su.
La ragazza, la vedete, si pone acqua e sapone, quasi adolescenziale e la scrittura riflette questa impostazione.
Il libro parla di merda, tutto il tragitto che questa fa dalla bocca al water, però, appunto con stile gné gné, ammiccante, tipo chiamare le feci "cacca" tutto il tempo e i vari organi interni in mille modi simpatici, buffi, ruffiani.
C'è anche quella che chiama "la scala di Bristol", pare codificata nel 1997, con l'analisi dei vari tipi di cacca, così che il lettore possa alzarsi dalla tavoletta, guardare in basso e cercare il suo gruppo di appartenenza senza timore.
Indubbiamente un'operazione meritoria per quanto riguarda la divulgazione, si parla dell'intero ciclo digestivo, dei disturbi (sotto forma di intolleranze a questo e quello) e degli attori di tutto il processo con parole semplici ed alla portata di tutti.
Però, mi chiedo, è mai possibile vendere un milione di copie di questa roba?
Perché?
In fondo si tratta di un libro che parla dell'intestino.
Stop.
Certo, ci sono i simpatici disegni della sorella di Giulia, Jill, a corredo, ma non credo che la cosa sia dirimente, no?
Un milione di copie di un libro che parla dell'intestino, di una storia che non c'è.
Come può svilupparsi un passaparola abbastanza potente da far volare le vendite in questo modo?
Mi sarei aspettato, dopo averlo letto, che esaurito lo zoccolo duro dei salutisti e degli impallinati del bio e del ritorno alla naturalità la cosa si arrestasse, perché dopo tre capitoli che mi descrivono i villi intestinali e la peristalsi, anche con tutte le paroline simpa che vuoi, uno prenda e lo metta via, magari senza nemmeno finirlo... invece no, a quanto pare.
E per me è un mistero, più ancora delle sfumature di grigio o nero, perché è si scritto molto meglio di quelli, ma parla di un argomento che dire "di nicchia" è fargli un complimento.
Però è così.
Se ne ricava, ma questa è una certezza che molti già conoscono, che riuscire in un campo qualsiasi, che sia quello letterario o quello che volete voi è legato ad una serie di fattori così impalpabili, così imponderabili da autorizzare a dire una parola che li riassume e racchiude tutti: CULO.
Questa la lezione che, per l'ennesima volta, ci viene impartita: nella vita ci vuole culo, e senza il culo non si va lontanissimo.
Magari un po' più distante di altri, ma certo non molto lontano.
Quindi sforzatevi sì, qualsiasi cosa facciate, ma non fatevene una malattia: senza la botta di, c'è poco da fare guys.
Proooot.

domenica 7 febbraio 2016

Trapezio

Le associazioni spontanee che il cervello fa sono sempre degne di attenzione.
Ad esempio, oggi, reduce da una visita al Mudec, me ne torno a casa con una foto nel cellulare.
La foto è questa:



Si tratta di una statuina di legno, africana.
A parte tutto ciò che di lei si poteva dire, a me della sua africanità interessava poco.
Quel che più mi colpiva era qualcosa che l'oggetto aveva messo in moto ai piani alti, quelle cose, appunto, che il cervello si mette ad elaborare quasi di nascosto, mentre manda avanti la baracca e sovrintende a tutto il resto, salvo poi risputarti fuori l'argomento quando ha deciso cosa farci.
In sostanza la postura mi ricordava qualcosa di ben più europeo e contemporaneo che inizialmente non focalizzavo.
Poi ecco la luce:



Il tipo fotografato sul retro di Transformer, album del...boh 73? di Lou Reed.
La sbandata glam di Lou Reed per precisare, quando lui, truccato da Ziggy in persona, si presentava con zeppe, ombretto e unghie dipinte di nero.
I pezzi inclusi, che lì potete vedere, vi danno la misura dell'opera.
E la foto, quella della minchia del soggetto, invero atomica.
Tutto soddisfatto dell'intuizione mi dispongo ad accendere la Playstation, salvo poi sentire che il parto non é concluso, forse un gemello?
Sì, perché subito mi viene il pensiero di un'altra immagine, questa:



Che è invece la copertina di The Idiot, Iggy Pop anno '77.
Posizione assimilabile al minchiuto e quindi alla statuina apotropaica, ma anche legata in qualche modo a Lou Reed attraverso Bowie, che, non pago di creare quel che creava per sé, aveva pure prodotto il lavoro di Reed e addirittura scritto questo per l'Iguana...
Dico addirittura perché, nel secondo caso, in quel 1977, il Duca Bianco ebbe la forza creativa sufficiente per comporre Low, Heroes, The idiot e pure Lust For Life, sempre per Pop.
Come ci sia riuscito non lo so, ma giustifica pienamente quello che il mondo ha detto di lui dopo che se ne è andato a gennaio.
Ma, dato che le contrazioni continuavano, ho riaperto le gambe e ho spinto, per vedere cosa ancora dovevo partorire:



Questo.
Notate analogie con la copertina di The Idiot?
Esatto, si ispira a questo dipinto di Erich Heckel che si intitola Roquairol, dei primi anni del novecento, figlio di un movimento, l'espressionismo tedesco, che ha segnato pittura, cinema, grafica e chissà cos'altro.
Questa faccenda di trovare un aggancio tra cose diverse mi ha fatto visualizzare fugacemente un trapezio, che deve essere afferrato al volo per non cadere di sotto e continuare le evoluzioni, esattamente come si afferra un pensiero per la coda scoprendo che si porta appiccicati addosso altri pensieri, altri mondi.
A questo serve leggere, brutti stronzi che non lo fate, a conoscere più cose del mondo e a stupirsene, e goderne, e a sentirsi meno di passaggio, meno precari in questo nonsense che viviamo.
Uhm... trapezio pensavo... trapezio... e di nuovo una contrazione:




Voilà, Trapezio: Renatone anno 1976, terzo album della carriera, che ha, guarda caso, punti di contatto col resto del discorso fatto, non foss'altro per il fatto che allora il suo travestitismo era stato accostato proprio al glam di Bowie del '72-'73 (con anni di ritardo, ma siamo italiani, non scordiamolo mai).

Basta, credo.
Il filone mi pare si esaurisca qui.
Certo che se una singola statuina fa questo effetto, chissà cosa può sortire una statuona?