martedì 30 giugno 2015

Bislacchi appunti letterari

Vedete la Quintuplette di Jarry là sopra?
Con un posto in più è diventata una Sestuplette e l'ho infilata in un pezzo che è in concorso per i tipi del Battello a Vapore.
Entro fine settembre saprò come è andata e se passerà al livello successivo, cioè tra i cinque finalisti.
Mi aspetto che passi in tromba, perché il contrappasso di tutta la sfiga che vado accumulando dovrà prima o poi manifestarsi e quando succederà il rinculo sarà mostruoso.
Quindi metterò le mani sui millecinquecento euro del premio, più il contratto di pubblicazione con annessi e connessi, che significa la serialità per il protagonista, certo Tazio Nuvolazzi.
Bello essere stupidi.
È come inforcare un paio di occhialetti con le lenti rosa e guardare il mondo con occhi nuovi.
Bello anche scrivere per ragazzi, perché la faccenda è strana e stimolante.
Requisito numero uno: occorre scrivere la cosa più cretina che ti viene in mente, poi lasciare lì a decantare e quando la si riprende aggiungere ancora scemenza a scemenza.
Questo nella mia sensibilità compositiva.
Poi non è esattamente così, c'è tutto un lavoro di cesello che deve essere compiuto a seconda della fascia d'età per cui si scrive; il maledetto bambino ha esigenze maledettamente diverse a due anni rispetto ai quattro, a sette, a dieci ecc.
A quarantacinque non ne parliamo.
Quindi l'effetto, dopo aver magari appena finito e consegnato le revisioni de "Le ragioni del Colon", che uscirà il prossimo inverno per Eclissi, di mettersi al tavolo per concludere "La corsa dei diecimila chilometri" è quella di aver preso una craniata violenta che ti ha instupidito.
Ma poi passa la sensazione e quel che rimane si fa molto apprezzare perché scatena un flusso puro di fantasia che su di un testo per adulti è sempre mediato dalla merda che il mondo è.
Non posso dire in un romanzo "per cervelli (si spera) già formati" che l'auto del protagonista è spinta da un motore che funziona a "deliziosa melassa", né che il team francese cerca di favorire la Sestuplette spingendola con un gigantesco ventilatore col favore delle tenebre.
Invece in questo sì può ed alla fine il tutto ti estorce una piccola soddisfazione perché durante il percorso ti senti cretino a scrivere in quel modo ma la rilettura rimette a posto le cose (e la candela).
Invece bisogna essere zen, far fluire la storia, lasciandole tutto lo spazio di cui ha bisogno senza voler far con lei il saccente e pedante scassacazzi.
Vedremo un po' come andrà, intanto ringrazio il Grande Patafisico per l'ispirazione e mi scuso col suo spirito per aver modificato così brutalmente la sua creatura a pedali.
Per chiudere, voglio dire al ladro della mia motoretta, che non passa giorno senza che io scandagli il web sperando di leggere in un incidente stradale sanguinoso nel quale la sua testa viene schiacciata da un camion della spazzatura (che poi la raccoglie e la getta, come giusto, nell'umido) mentre la mia Triumph, magicamente, rimane in piedi e si ferma sul cavalletto a bordo strada.

GRAN VISIR DI TUTTI I FIGLI DI UNA MIGNOTTA!!!!!!!!

lunedì 29 giugno 2015

La vita è una merda

La moto è andata.
È durata sette notti giù in strada e puff.
Auguro al ladro e ai suoi eventuali complici di morire male, subito e soffrendo molto, consci del fatto che gliel'ho tirata io e che non li salverei nemmeno se strisciassero ai miei piedi supplicando.
I soldi non garantiscono una vita felice.
La povertà garantisce una vita di merda.

lunedì 15 giugno 2015

Barbuti

I post vanno diradandosi, un po' come i capelli.
Però con grande maestria raccolgo le fila e le tiro pure dei due precedenti, quelli sulla moto e sul "non buttare via niente".
La mot l'ho trovata.
Paro paro quella della foto, pagata pure molto meno del previsto, ma con un difetto: usata ma tenuta bene, come diceva Luca Carboni.
Perchè dovrà stare in strada la notte e quella oltre che consiglio porta sciami di ladriemmerda ahimé, quindi non vorrei sparisse immantinente.
Si vedrà.
Per l'altra cosa, quella della teoria del porco, annuncio l'uscita per Natale di "Le ragioni del colon", romanzo che senza il mio cancro non sarebbe stato scritto.
Sì, a queste condizioni avrei preferito non scriverlo, ma è successo e quindi, almeno, sfruttiamo le circostanze, visto che loro non lesinano nello sfruttare me.
Di cosa si tratta avremo modo e tempo di discettare, adesso mi preme parlare di una cosa che comincia a farmi girare i coglioni ed ha a che fare con le riviste patinate che stanno spuntando funghesche in edicola sul tema "motospecial vintage stile di vita fico" ecc.ecc.
Essendo finalmente rientrato a pieno titolo nella grande famiglia la cosa mi turba.
Capostipite del mescolare pere e  mele e farle sembrare ben accordate la rivista “Riders“, diretta da un uomo che in anni di prove serie per riviste tradizionali aveva dissimulato l'animo fighetto come il miglior Fantomas, che propugna lo slogan "due ruote spostano l'anima", frasona generata immagino da furioso brainstorming redazionale.
Ad essa si vanno accodando altre realtà più o meno recenti, "Ferro", "Cafè Racer" e compagnia, che vanno seguendo il solco cercando di raccogliere quel che resta del mercato.
Qual'è infine 'sto mercato?
Quello dei barbuti, tatuati, stilosi, mezzi questi e mezzi quelli che non abitano mai "a" ma "tra" e non devono chiedere mai, come diceva il profumato claim.
E che viaggiano, tutti, solo su special che paiono tenute col filo e costruite in garage (varie foto dei barbuti sporchi di grasso dovrebbero testimoniarlo) ed invece pagate a peso d'oro da preparatori professionisti, ai quali non par vero di fare soldi rendendo oneste motociclette delle bare da bar.
"Bare da bar" significa esattamente quello che avete intuito.
Vengono utilizzate per raggiungere il sacro luogo deputato all'aperitivo e poco altro, perchè alla prima curva presa in allegria la mietitrice è li che attende, e ivì lasciate alla golosa visione degli avventori, nella più meneghina delle manifestazioni, più ancora del risotto giallo.
Ma che hanno di così ammaliante le moto in questione?
Sono bellissime, sì, con ciclistiche stravolte da sospensioni accrocchiate, coperture tassellate (perchè adesso va lo scrambler mentre fino a ieri mattina la cafè racer) pensate per altro e non  per tirare pieghe sul duro della strada, manubri fachireschi con bracci di leva da ergastolo o stendipanni con frecce e specchietti alle estremità per centrare tutto quel che c'è al semaforo e via così.
Ma questo è il meno.
Il più è che tutte queste leggiadre creature de fèro, cavalcate da uomini dall'occhio che uccide la fiemmena o il masculo indifferentemente, nella vita reale non possono esistere.
Le pagine di queste riviste ed i loro account FB tracimano di mezzi senza frecce, solo a volte con targa, scarichi tassativamente vuoti, pneumatici non previsti dal libretto, selle da sciatica, ecc.ecc.
Belle neh, ma un'uscita con la suddetta prevede la ferrea necessità di NON incrociare neppure per sbaglio una divisa per strada pena tornare a casa col tram, né di cadere, perché l'Assicuratore del caso, alla vista della special, viene colto da potente erezione e desiderio carnale di voi.
Ma questo l'editoria di genere non lo dice mica, l'importante è spostare l'anima e avere vite avventurose.
Il tutto si completa con il tocco di demenzialità mai assente in questi casi: l'abbigliamento.
Tecnico?
Macché... davvero vuoi spendere uno stipendio, soffrire col cellophane a protezione per una settimana e poi nascondere il tattoo?
Dài.
Io guido con gli avambracci fuori per massimizzare l'investimento, e col jet più striminzo sul mercato, perché devono starci gli occhialetti fighi, (che tanto poi quando mi verrà la congiuntivite guarderò nella bottiglia dell'olio come diceva la nonna), e lasciar troneggiare la barba da hipster, tagliata e lozionata da altri hipsters, tatuati e specialmotati anch'essi, in un loop psichedelico ed inarrestabile.
Completo col giubbottino vintage, pelle fine senza paraschiena, senza gomitiere o spalle omologate cosicché possa, in un colpo solo (quello ricevuto dal bordo del marciapiede sul quale planerò grazie a quelle gomme del cazzo che monto) riportare il calendrio al 1976 ed azzerare tutto ciò che Lino Dainese s'è inventato da allora per salvarmi dalla sedia.
Sono ragazzi, che volete farci.
Però nelle foto in bianconero 'sti qua vengono bene devo dire.
Un po' li invidio.
Meno quelli nelle varie redazioni che devono inventarsi storie da hard boiled per vendere.
Auguri.

Meno invidio ATP che s'è fracassato una gamba col suo GranPasso e che da qui saluto con mugliera.
Pistola, non avevi abbastanza tatuaggi!