venerdì 29 gennaio 2016

Lobstros

Una delle gioie più violente della mia vita è stata, una mattina piuttosto presto che era Natale, alzarmi dal letto, sentire la moquette meno ruvida di quanto fosse per l'euforia, accendere la luce e osservare la piccola distesa di pacchi sotto l'albero.
Stranezza vuole che anche una delle delusioni più cocenti sia legata al Natale, cioè passarlo in ospedale (l'ultimo, per inciso), ché a me di stare a casa a vedere Eddie Murphy in poltrona per l'ennesima volta piace assai e mi è pesato perderlo per stare lì con un drenaggio addosso.
Comunque, giudico che quella grande felicità appartenga al triennio '79-'81, i natali migliori perché nella fascia magica in cui hanno convissuto la consapevolezza che i desiderata passano dalla porta e non dal camino e l'amore per il gioco non ancora travolto da quello per la figa.
Comunque, quella mattina scarto e trovo il Baron Karza, il capo degli Evil Acroyear diceva la scatola, e il Force Commander, quell'altro.
Tutti e due facevano parte della linea dei Micronauti ed io, come la stragrande maggioranza dei bambini dell'epoca ad essi anelavo.
Mi ricordo ancora esattamente quanti e quali possedevo, menzione d'onore per il Terraphant e l'Hornetroid ma soprattutto l'Ampzilla, con cui sterminavo i nemici in sanguinosi combattimenti.
Cazzo, l'Ampzilla che nostalgia.



Chissà dove e quando è sparito, magari schiacciato magari no, boh, fatto sta che qualche tempo fa, in un afflato di stronzaggine ne ho digitato il nome su Ebay, quasi vergognandomi, per capire se ci fosse la possibilità di mettermene di nuovo uno sul comodino insieme al Viagra.

Bum.
Il passato è ritornato prendendomi a sganassoni; tutti quei nomi, quei personaggi erano lì in attesa, pronti a saltare di nuovo fuori e prendermi per il collo: li rivolevo tutti!
E l'Ampzilla, il dinosauro a rotelle, è uno dei pezzi più ambiti che spunta quotazioni scandalose.
Il mio comodino rimarrà quindi orfano ancora per molto, ma in compenso ho scoperto l'esistenza del Lobstros!
Ecco il perchè del titolo; un granchione rosso mattone che sarebbe dovuto essere pilotato da Lobros (che fantasia) che io avevo e che potete intravedere sdraiato nella creatura (proveniente dal lontano pianeta Hydra, apprendo dalla scatola).




Potete immaginare la mia espressione in quel momento di scoperta.
Allora le possibilità di informarsi erano confinate alle pagine dei cataloghi, a quelle di Topolino (che non leggevo) o direttamente alle vetrine dei negozi.
In nessuno dei tre casi avevo avuto notizia della sua esistenza, e il potere della scoperta, seppure fatta a quarantacinque anni ha avuto lo stesso sapore di quelle di allora: lo voglio!
Peccato che si tratti del pezzo in assoluto più ricercato dai collezionisti di cose Micronaute e come tale sia irraggiungibile; anzi meglio, perché questa mia triste reazione bambina va punita e ripunita.
Il Lobstros... ma pensa a scrivere qualcosa che venda, cretino.



p.s.
Se però, beninteso, qualche fan volesse, anziché inviarmi un paio di mutandine, spedirmi un Lobstros io mi sentirei di accettare.

giovedì 21 gennaio 2016

Turpe vecchiezza



Così la chiamava D'Annunzio, e se lo diceva uno che secondo la vulgata s'era fatto togliere una costola per potersi spompinare... ah, la vulgata.
La vulgata è veramente uno schifo.
Col tempo si è distillata in "gossip", così come molte altre cose che, com'è come non è, adesso vanno pronunciate in inglese, che sì, sarà l'originale però... perchè?
Una volta leggevo i Vendicatori e l'Uomo Ragno, adesso al cinema o dico "Avengers" e "SpiderMan" oppure non mi staccano il biglietto.
Sui fumetti idem.
Vuoi vedere che devo cominciare a farmi chiamare Alexander?
Che poi Alessandro Belloni come potrebbe diventare?
Alex Prettiest?
Mi piace, peccato che il titolo del post è già "turpe vecchiezza" altrimenti ci avrei visto bene 'sto Alex Prettiest.
Chissà che provando a proporre qualche manoscritto con quel nome straniero non sortisca migliore effetto che col mio tristo originale.
Proverò.
Però il titolo è per altro: da poco sono reduce dalla visione di Guerre Stellari (pardon: Star Wars), un'ora o poco più.


"E allora?" direte, ormai l'hanno visto già tutti il film.
Esatto, è proprio questo il nodo: pellicola uscita il 16 di dicembre che io, per motivi meramente fisici ho potuto vedere solo stasera, ad un pelo dalla sua discesa dal cartellone.
Pallottoliere alla mano ho trascorso dal 10 di dicembre un totale di quattordici giorni in ospedale (Natale compreso) ed altrettanti a casa semi allettato.
Un po' questo, un po' quello, per non annoiarmi, un campionario completo sul disfacimento fisico in atto che spero non sia ancora irreversibile.
Da qui il titolo, ma la magia, nonostante 'sta turpitudine, c'è stata ancora.
Filtrata, ridimensionata, compressa ma c'è stata.
Una lacrima interiore però l'ho versata, perché questa riproposizione in scala maggiore dello stesso concetto (tra il primo Guerre e questo non c'è poi questa gran differenza di plot) ha evidenziato l'enorme sproporzione di queste due ore nel buio della sala su di me ora e su di me (all)ora.
Me lo ricordo perfettamente quel pomeriggio al Cinema Manzoni di Milano nel 1977: il cartellone con Skywalker e la spada sollevata sopra la testa, il salone gremito, le scale e la massa di spettatori che le salivano diretti in sala, poi il buio.
Due ore che non ho mai più dimenticato, un viaggio fantastico in uno Spazio finalmente reale nella sconfinata grandezza dello schermo cinematografico, uno shock per quel settenne che ero, che avrei poi rinforzato con i giocattoli dei personaggi e dei mezzi del film.
Quando in cameretta facevo volare il mio Millennium Falcon di plastica tornavo là dentro, in quel buio magico e straordinario.
Questa sera no, ho goduto compostamente di quel che vedevo e sono uscito soddisfatto.
Ecco quello che perdiamo nel viaggio, anche quando ci sforziamo di mantenere vivo il bambino che c'era, da qualche parte, dentro.
La magia.
D'Annunzio ci aveva preso in  pieno, ecco perchè aveva pensato di ovviare autociucciandoselo.
Ammesso che la vulgata... ecc.ecc.

lunedì 18 gennaio 2016

Brevi rabbiosi brainstorming



L'idea è arrivata.
Come sempre succede l'ha fatto dalla direzione che non ti aspettavi, come quando ti scontri con qualcuno che non hai visto nello specchietto:
- Ma veniva da lì?
- No, da là.
Il nome dell'untore verrà celato sotto pseudonimo, acciocché egli venga protetto dal torchio del successo, e lo stabiliamo qui ed ora in "Il Rude Evin".
Orbene, il Rude Evin che da un po' la remenava (neologismo meneghino che sta per "riproponeva esercitando educata ma costante pressione") svolge un delicato mestiere di contatto.
Contatto umano, quello della peggior specie, quello nel quale si discutono questioni di vita quotidianissima, lavando panni sporchi e regolando conti a viso aperto in fredde stanze illuminate da freddi neon.
Comunque, l'idea del Rude Evin ha messo in moto la mia e quindi ecco concepito il feto di quel che sarà l'ultimo tassello della trilogia milanese, iniziata con "Annegando Milano" e proseguita con "Le ragioni del colon".
Come al solito ho già il titolo prima ancora di capire da che parte andrà la storia: "La moglie dell'amministratore".
Odio, grettezza, un cadavere ammazzato male (quanto male? Suggerite pure), gente che fa e che disfa, gente che scopa (quanto scopa? Suggerite pure), varie ed eventuali.
Tutto il baraccone insomma.
Non ho scritto ancora una riga, le parti vanno densificando in testa al momento, quindi penso che troverete il libro sullo scaffale pronto alla vendita per il prossimo novembre, direi.
Contenti?
Non contenti?
Testimonierò convenientemente la gestazione con ecografie del manoscritto.
Le troverete sulla pagina Facebook e Instagram del sottoscritto a partire da tra un po'.
L'idea è di partire dal coito e proseguire fino all'università del nascituro, cioè il primo rendiconto di vendita fornito dalle librerie, sei od otto mesi dopo la pubblicazione.
Mi piace, spero anche a voi.
Altrimenti va bene lo stesso.

sabato 16 gennaio 2016

Sperimentare

Apprendo che Volo ha venduto 28.000 copie del suo libro in una settimana.
Sono sinceramente invidioso, s'intende, ma anche affascinato dai comportamenti ingiustificati di quella multiforme ameba che è la gente.
Che sono anche io, anche se non l'ho comprato, che ho invece trascorso gli ultimi giorni in uno stato di malinconica castrazione psicologica a causa del decesso del Duca Blanco e di un pernicioso raffreddore.
Blackstar sta vendendo tantissimo, ma Bowie è dovuto morire per arrivare a tanto.
Volo sta benissimo e vende lo stesso.
La vedo solo io la frizzante ironia?
Lunga vita a Volo comunque, ora che Ziggy è definitivamente ripartito per Marte, sperando che tragga ispirazione dal mito e provi magari a variare un pelo, solo un pelo, la struttura dei suoi romanzi, invero un po' ripetitivi.
Ma poi perché dovrebbe: vende comunque e quindi ha ragione lui.
Mi domando poi come si possa realmente sperimentare in letteratura, stretti come si è nelle regole della parola scritta: il flusso di coscienza l'ha già utilizzato Joyce, il cut upping Burroughs, la composizione sotto acido Hunter Thompson e quella sotto alcool un sacco d'altri.
Che cosa rimane da fare?
Eppoi conviene davvero?
Leggo le prose sconnesse della Santacroce, obbligate dal personaggio che s'è costruita, e mi chiedo perché lo faccia e chi riesca a leggerla, che già a star dietro a due paginette di Pinketts, per dire, è impresa titanica nonostante lui si prenda apparentemente meno sul serio.
Probabile sia così, oggi, che lo spazio di manovra sia terminato, tutti costretti a scrivere la rigida storia fantagiallarosanera stando ben allineati ché già trovare un editore così è un'impresa, figurati se mi metto a dar di matto
Non si può scrivere un equivalente di Low e me ne dispiaccio.
Poi vedo Messi che alza il quinto pallone d'oro e mi chiedo se davvero vale quattro volte di più del Maradona che mi ricordo di aver visto da ragazzino.
Mi sa di no, anche se la memoria fa sempre scherzi strani, santifica, perdona, innalza.
Dove voglio andare a parare non lo so, infatti ho forti dubbi circa quello che devo scrivere nelle etichette, anche se poi serve ad un cazzo perché qua ci passano in quattro gatti e pure spelacchiati.
Che a ben guardare è un bel vantaggio perché sono libero di fare quello che mi pare, monellescamente anche bestemmiare duro e senza motivo alcuno (posto che c'è sempre un motivo per farlo).
Lo faccio?
Tiro il porcone?





Ma no, dai.
La prossima volta magari.
Se ci sarà, perchè questa faccenda del blog mi ha già bel che rotto le scatole.
Però dicono che serve... boh.
Un giornalista del Corriere in una recensione di "Annegando Milano" ha scritto del sottoscritto "cuore da blogger"...
Andiamo bene.
Anzi sai che ti dico, per questo post non metto nemmeno un'etichetta, niente che possa teoricamente farlo emergere su google e parenti suoi.
Vediamo cosa succede, se viene letto dai soliti cinque, oppure diventano quindici o magari zero.
Visto che posso sperimentare anche io?



lunedì 11 gennaio 2016

L'armadio di Bowie


E così è andato, chiudendosi in un armadio.
Il video di Lazarus ticchettava come un'arancia ad orologeria, per dirla col suo sodale Burroughs, e noi ignari che l'esplosione rivelatrice del suo reale significato sarebbe arrivata con la morte.
Dimenandosi in un letto, coi bottoni sugli occhi, urgente di scrivere e di non sprecare niente di ciò che la fine andava regalando al suo genio creativo.
Bowie 1 - Morte 0; se ne è partito con le valigie piene di lustrini e non con gli ultimi stracci rammendati.
Che stile, che invidia.
Tra l'altro già la faccenda l'aveva pensata nel 1996 col cinico investigatore Nathan Adler, quando mise in piedi tutto l'ambaradan di Outside e i suoi bravi omicidi artistici rituali, ma gli mancava l'ingrediente decisivo.



Un cancro glielo ha fornito vent'anni dopo, e lui l'ha piegato alle esigenze dell'arte.
Dannato Duca, quanto sei stato grande; fino all'ultimo minuto.
Mi mancherai un bel po'.