venerdì 17 gennaio 2014

Cooli

Da pochi momenti ho terminato la visione di un film dal quale ho appreso in maniera semi traumatica da dove Dario Argento succhiò ispirazione per i suoi storici giallos.
Da qui:



da questo film di Bunuel del 1955.
Il protagonista si carica ascoltando il carrillon materno che scatena in lui psicosi assortite e lo spinge a delinquere (o così crede), esattamente come l'assassina di Profondo Rosso e il suo collega dell'Uccello dalle piume di cristallo (che però allo scopo utilizza un quadro) che delinquono sul serio.
Del resto è noto che al mondo è stato già inventato tutto e quel che si fa è solo reinterpretare.
Ma comunque culi, il tema del post sono i culi e l'influenza di questa parte anatomica nella vita.
A me ne vengono in mente alcuni, se mi metto lì senza sforzarmi, tre culi paradigmatici per così dire:



Questo è il primo, il cosiddetto CULO AGOGNATO, quello che fin da bimbo speravo di poter un giorno smanacciare.
Se il desiderio è stato o no esaudito non è opportuno in questa sede chiarire.




Questo è il secondo, il CULO ANELATO che avrei voluto avere per attirare frotte di fiemmenuzze e che non ho mai nemmeno avvicinato, con il sillogismo scontato che avrete intuito, dotato come sono di infimo deretano flaccido e sovradimensionato.
Non sarebbe stato opportuno chiarire nemmeno questo ma, complice la pioggia, ho necessità di disperarmi e mi autoaccuso.
Aggiungo che trovare l'immagine di un innocente deretano maschile è parecchio complicata in rete, perché occorre schivare tonnellate di fistfucking ed altre pratiche ludiche simili.
Il terzo è un culo diverso, un CULO SPRECATO se così posso dire.
Deriva da questo, quello che definisco un CULO UMILE:


Sì, immagino la sorpresa.
Però è così, la Renault 5 ha segnato una fase dolorosa della mia vita, quella in cui ho messo a fuoco il concetto di desiderio inappagato.
E per questo la ringrazio, quella carriola transalpina, per essere stata palestra, perché poi la vita vera è tutta piena di robe simili, cose volute e mai avute, cose avute e perse, rimpianti, rimorsi, cannoncini e bignè.
L'elemento scatenante quello lassù dicevo, una umile Renault 5 bianca, modello base, senza nemmeno una stronza sigletta T o TL, niente, "5"e via andare.
Ciò significava avere sotto al cofano un ronzino di nemmeno 1000 cm cubici, votato al risparmio e alla longevità, 140 all'ora giù dal Falzarego, 0-100 cronometrato in minuti.
Non ricordo bene, ho tentato di rimuovere, ma dubito avesse nemmeno 50 cavalli ed era l'auto che mio padre, in un accesso di perfidia, comperò a mia madre all'inizio degli '80.
Tutto bene nella mia ignorante pubertà, finché un bel dì, in occasione di un tagliando, fui trascinato  da mia madre alla Filiale Renault della città.
Entrammo col macinino e parcheggiammo dove indicato, io scesi e rimasi sotto choc.
Sarei uscito da lì in piena adolescenza.
Poco distante c'era questa cosa, esattamente così come quella che posto, col cofano alzato in attesa di qualche pezzo di ricambio, la ricordo come fosse ora: l'apparizione




Meraviglia, stupore, suono di campane.
Poi lieve capogiro e asciuttezza delle giovani fauci.
Intuivo fosse una Renault 5 anche quella ma CRISTO, cosa gli era successo, com'era possibile una cattiveria simile partendo dal mansueto asinello di famiglia?
Due posti, motore e trazione posteriore, il turbo a triplicarne la potenza rispetto alla nostra... e quelle prese d'aria... aaaaahhh.
Venni trascinato via a forza, ma il danno era stato fatto, attaccai poco dopo con l'onanismo più sfrenato, chiuso nel cesso con Playboy alternato a Quattroruote (con preoccupazione dei miei).
Troppo giovane io per poterla guidare, troppo vecchia lei quando avrei potuto farlo.
Come una donna incontrata nel momento sbagliato ma per la quale si sente che avrebbe potuto essere il grande amore.
Per lei feci di tutto, addirittura acquistarne una monografia francese che tradussi dizionario alla mano e alla luce di una candela, lungo dolorose notti nelle quali inciampavo nei vocaboli (soupape non è uno zuppone ma una valvola) e capivo che mai l'avrei posseduta.
Non mi sono mai completamente riavuto e le donne della mia vita hanno sempre sofferto nel confronto (scusa Dolce, so che mi capirai).
Per dimenticarla, qualche anno dopo mi gettai nelle braccia di una rossa milanese, una un po' volgare, sempre vestita da troietta anche per andare all'Esselunga, lei:

culi, culi e ancora culi... (con questo culo ci si correva nel Mondiale Turismo 1987)



Qui l'Alfa Romeo s'era sbizzarrita.
Un'auto così da "terroni" era difficile realizzarla ma il Biscione, mai domo, ce la fece, ed io sbandai.
Chi comprò allora la 75 Turbo Evoluzione (anche il nome era cattivo) spese un capitale e probabilmente la sbiellò in pista, come il suo blasone imponeva, chi ce l'ha oggi se la tiene stretta perché vale sempre un bel po', nonostante debba stare attento ad usarla, perché se non è più che lucida e perfetta la fermata ad ogni posto di blocco è assicurata.
Con lei riuscii a fare una sveltina a Vallelunga e la trovai inaspettatamente affetta da un turbo lag pernicioso e da una tenuta perfettibile che comunque non incrinò il mio sentimento per lei né la quantità dell'eiaculato.
Lo ricordo ancora con piacere e se l'avessi oggi mi divertirei non poco a far cacare sotto i guidatori attuali che stentano a credere che una volta l'unica elettronica sulle auto stava nella radio (e che l'Alfa era quel che oggi è la Bmw).
Poi, per assonanza acustica col titolo ci sarebbe anche Cooley, che è 'sto qua


uno che guidava una Suzuki gs 1000 preparata da Yoshimura nella primigenia Superbike AMA, moto che non ne voleva sapere di voltare già di serie, chissà con 140 cavalli nei carter come diavolo faceva a farle fare quelle cose lì.
Boh.

Comunque non voglio tediare troppo con questi ricordi motoristici che hanno monopolizzato il post.
Su certe cose il nervo è sempre scoperto e potrei piangere davanti a tutti.
Mollatemi.
D'ora in avanti tornerò ponderato e riflessivo, pregno di argomenti culturali, come il pubblico mi ama e reclama insomma.
Credo.
O forse no.






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