lunedì 27 gennaio 2014

Assenza (pdf regalo nr.2)

Il dilemma è quello solito: si nota di più la mia presenza o la mia assenza?
Per quanto riguarda me e questo blog credo nessuna delle due, la gente qui dentro passa, non si pulisce le suole sullo zerbino all'ingresso e se ne esce, insalutata ospite.
Ma là fuori vince chi fugge.
Lo sanno tutti, nessuno meglio di Marco Ferradini ovviamente ( uno dei momenti nei quali ho più sofferto per empatia è stato proprio ad un suo "concerto" di piazza nel quale i quattro gatti lì riuniti gli chiesero TRE volte Teorema).
Chissà poi perché l'assenza ingigantisce così le cose: la voce del deejay appartiene certo all'uomo-donna più desiderabili del circondario, il nick in rete nasconde dietro le sue frasette e faccine occhi sconfinati e saggezza incommensurabile, un grande classico come il "mio amico", insieme al collega "mio cugino", sono invariabilmente protagonisti di avventure a me proibite.
Perché?
Perché siamo andati sulla Luna ma rimaniamo così disperatamente scemi?
Lasciamo che il deejay, il nick o suo cugino non si lavino per un giorno, facciamo due se il ph è particolarmente gentile, poi vediamo chi è meglio di chi.
Il fatto antipatico è che ci riteniamo il vertice della catena alimentare, ma rispetto al più umile dei pesci palla, per dire, non impariamo mai dai nostri errori; come specie facciamo un passo avanti e mezzo indietro autolimitandoci nelle nostre prestazioni ( anche io, che pure abbondo nell'uso del nobile punto e virgola).
Rispetto al resto del regno animale, la soluzione escogitata dagli umani per affrontare questo problema è stata sorprendente: istituire la categoria degli psicoterapeuti.
Che a loro volta però ricadono negli errori e nelle nevrosi dei padri, abbisognando loro stessi di altri psicoterapeuti in un inestricabile gioco che si avvicina all'irrealizzabile moto perpetuo
Escher l'aveva capito, e giustamente ci ha fatto fortuna.



Tutto ciò per dire cosa?
Niente.
Tutto il post inneggia all'assenza, perchè non so di che scrivere, però vedo che il testo si allunga lo stesso.
Quindi sto scrivendo in assenza di idee, la qual cosa però eleva il post per i fatti che ho esposto là sopra; è un casino vero?
Esattamente come "Strada a doppia corsia", un film del 1970 di Monte Hellman che ho visto l'altra sera dopo lungo inseguimento.



E mai modo di dire fu più azzeccato, perchè si tratta di un road movie di quelli classici, con macchinazze che sfrecciano tra motel e tavole calde su e giù per gli States, senza fare molto altro.
Però qui, a differenza di altri illustri esempi del genere, c'è l'assenza.
Non ho capito se per quei casi fortuiti nei quali l'autore fa una cosa che pubblico e critica travisano  facendola meglio di quel che è (con l'autore che si guarda bene dal dire oh, non c'avete capito un cazzo) o con intenzione, ma il film scorre via creando intorno ai due protagonisti il vuoto pneumatico e la cupa disperazione della generazione americana post hippie ma non Vietnam, senza scopi se non quello di muoversi per non pensare all'american dream infranto.
Strano il cast, con James Taylor e Dennis Wilson, il noto cantautore e il batterista dei Beach Boys, che dicono dieci parole in tutto e mai al momento giusto.
Appena finito di vederlo propendevo per l'immane cazzata, poi forse ho travisato anche io e dopo un sonno ristoratore l'ho elevato ad "interessante".
Come interessante mi si rivelò Georges Perèc leggendo "La vita. Istruzioni per l'uso" .
Da premettere che, appartenendo lui al gruppo OuLiPo, acronimo francese di Officina di Letteratura Potenziale, al quale afferivano pure giocolieri della parola scritta come Queneau e Roubaud (che era pure matematico...), qualche indizio già si poteva dedurre sullo stile poco convenzionale dell'opera, dato che questi del gruppo si dilettavano a sperimentare composizioni ottenute da formule matematiche piuttosto che testi ottenuti da vincoli quali, ad esempio, il divieto d'uso di alcune lettere o l'obbligo di quello di soli palindromi.
Masturbazione pura.
Ma comunque, il romanzo.
Un balenottero in cui ci viene presentato un edificio parigino suddiviso geometricamente in 99 stanze che verranno, tutte, minuziosamente (e non scherzo) descritte fin nel più infimo dettaglio, all'inseguimento della storia del miliardario Bartlebooth che organizza cinquant'anni della sua vita nell'implacabile realizzazione di marine ad acquerello, nei primi 25, e loro dissoluzione, nei restanti, allo scopo di tornare all'originale foglio bianco.
Se vi sembra complesso, sappiate che l'ho semplificato.
Anche qui c'è assenza, ma ottenuta per depressione, risucchiando nel vuoto tutto quel che c'è sulla pagina con un'aspiratore che si occupa di catalogare e soppesare ogni più piccolo dettaglio, sia esso la trama di un copriletto o l'intaglio di una cornice appesa al muro.
Baricco lì dentro ci ha trovato più di un'ispirazione per i personaggi del suo "Oceano, Mare", io ci ho trovato svariati bei momenti.
Ve lo consiglio, se vorrete impegnarvi per un po', altrimenti fottesega, io l'ho già letto.
Altrimenti guardatevi Blade Runner, perché nella sequenza in cui Deckard indaga su una foto muovendosi al suo interno con un attrezzo di cui non ricordo il nome fa la stessa cosa di Perec nel romanzo. 
Solo che una è finzione cinematografica, l'altra realtà letteraria.
Adesso che davvero non so più che cosa scrivere, piazzo, come buona regola di ogni lunedì, il secondo Pdf regalo di Nuvola Nove e buon pro vi faccia.



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