sabato 14 dicembre 2013

Frìcs e formulauàn

Freaks e Tod Browning.
Un film ed il suo regista.
Un film per il quale il suo regista si bruciò la carriera, sarebbe più corretto aggiungere.




Freaks significa letteralmente "scherzi di natura" ed è esattamente ciò che nella pellicola ci viene presentato, una combriccola di fenomeni da circo in un circo, appunto, senza mediazioni pietiste, senza l'amato e stucchevole lieto fine caro agli americani a salvare un malsano triangolo amoroso tra il nano, il forzuto e la bella trapezista.
Eccezionale allegoria della diversità e del timore che questa sempre genera, al netto di tutte le ipocrisie con cui da essa ci facciamo scudo.
Si consideri che la pellicola risale al 1932, che tutti i freaks che vi appaiono sono veri artisti circensi e si traggano le dovute conclusioni sul perché il regista ebbe i suoi guai, tali per cui nessuno, poi, volle finanziare alcunché provenisse dalle sue pensate cinematografiche.
E si consideri anche che la potenza del film fu tale da costringere il regista a tagli di mezz'ora rispetto a quello che oggi comunemente chiameremmo Director's Cut per permettergli di uscire in sala negli Usa (e giusto lì, perché in Inghilterra e Germania fu visto solo negli anni '60, addirittura dieci anni dopo da noi).
Come spesso accade c'è stata poi la rilettura, la rivalutazione, l'osanna (ben dopo la morte del suo artefice) e oggi Freaks è stabilmente inserito nelle 50 pellicole cult del ventesimo secolo.
Nessun onore al coraggio di Browning nel pensarlo e realizzarlo, almeno non nel suo tempo, ché, come già ho detto da un altra parte, tutto ciò che arriva postumo serve ad un cazzo.
Spiace.
Mi punge quindi vaghezza di caricarmi di tutte le intuizioni di Browning e adattarle ad un mio personale Freaks tecnologico applicato alla Formula1.
Che c'entra dite?
Niente.
È la scusa buona per appiccicare un paio di foto di scherzi di natura meccanici, forme molto veloci ma anche molto inusuali, alcune con un lieto fine altre meno.
Rispetto al buon Tod io poi non rischio nessun embargo da Hollywood, quindi procedo sereno.

Il primo fenomano da baraccone qui è francese.
Tutto francese: squadra (Ligier), pilota (Jacques Laffitte), sponsor (Gitanes), motore (Matra).
Ah, la grandeur, peccato che il risultato in quel '75 fu grottesco:


Ligier Js5: la prima f.1 con cabina armadio.


Poco da ridere anche da parte degli italioti, magari ferraristi.
Non è che il cavallino abbia sempre sfornato ciambelle con buco giottesco neh?
Guardate un po' qua:


Ferrai 312 B3 del 1973. La chiamarono "la Spazzaneve"...
Il pilota che si vede in foto è così fuori misura perchè non si tratta di Arturo Merzario, che la guidò all'epoca sua e che era alto 1 e 60, ma del tristo miliardario Usa di turno che se l'è comprata per giocare, indifferente al fatto che essere cresciuto ad hamburger e patatine poteva creargli sia problemi dimensionali che scherno da parte degli spettatori.

Gli inglesi hanno fatto anche loro delle belle porcate, ma in questo caso preferisco ricordare due freaks più affascinanti che repellenti: la Brabham Bt48 e la Tyrrell P34, una del '78 e l'altra del '76,  concretizzazioni pratiche estreme di una primaria necessità: avanzare il più velocemente possibile.
Stesso scopo, strade diametralmente opposte per raggiungerlo:
 
La prima (e ultima) F.1 col ventilatore. La mezzacapa che si vede è di Lauda.
 
La prima (e non ultima) F.1 a sei ruote. Curva e fumacchia Scheckter.


Dai, coi tedeschi è come sparare sulla croce rossa con un ak47... gente che gira con sandalo e calzino bianco cosa poteva partorire nel settore?
Infatti la Kauhsen girò in test privati ma non corse mai, per fortuna, nel 1979.
 
La prima F.1... (F.1?). Credo guidi il nostro Brancatelli, a giudicare dal casco.
  
Concludo poco prima di diventare stucchevole con un freak tutto nostrano.
Non una macchina intera ma solo un pezzo, un motore.
Progettato da un ex ingegnere Ferrari, Claudio Rocchi, che evidentemente indulgeva fin troppo col Lambrusco, aveva la particolarità di essere un 12 cilindri stellare, uno schema conosciuto nel campo dell'aviazione con motori a scoppio e scelto perché, come è intuitivo, permette di accorciare la lunghezza del blocco e poter così giocarci meglio piazzandolo in un telaio dove meglio pare.
Eccolo in tutta la sua stravaganza tecnico morfologica: 

W12 f.1. Capito perché si dice che è "stellare"?

Sembrava l'uovo di Colombo.
Purtroppo anche l'uovo migliore, se non incontra una padella, si spiaccica per terra anziché tramutarsi in frittatina e così 'sto ferro, senza il becco d'un quattrino per lo sviluppo, erogava 150 cavalli meno dei suoi concorrenti in quel lontano 1989.
Hai voglia a rischiare di ammazzarti ad ogni giro se vai a cento all'ora in meno sul dritto...
Ah, per soprammercato si rompeva solo a guardarlo.
Corse, si fa per dire, un paio di sessioni di prova prematuramente interrotte.
Poi venne smontato da dove stava, una vettura che si chiamava Life, e se ne persero le tracce; probabile faccia oggi da fermacarte sulla scrivania di qualche patito della meccanica fine che, analogamente alla pasticceria fine, si mostra agli ospiti solo in rare e particolari occasioni.
Preferibilmente col tè.


p.s.

Un Nuvola Nove in regalo a chi riprodurrà con la bocca il suono che crede possa aver fatto questo motore.

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