venerdì 6 dicembre 2013

Ciao e poi basta.

Non esistono i libri che ti cambiano la vita.
Chi lo sostiene mente sapendo di farlo (e se non lo sa, allora è un cretino).
A parte la Bibbia con psicotici che hanno avuto genitori bigotti, nessun libro fa altro che regalarti della sana sospensione d'incredulità (quella che al cinema ti permette di berti tutto con soddisfazione senza alzarti a metà del primo tempo o dopo la prima sparatoria) e nient'altro.
Se è scritto particolarmente bene può arrivare a mostrarti una strada diversa, ti prende per mano dando un nome a ciò che vedi, indicandoti qual'è la forma delle nuvole o quello che in quel preciso momento sei più sensibile a recepire ma non altro.
Tra quelli che mi hanno indicato qualcosa c'è David Foster Wallace.
È stato un grande scrittore, un goffo essere umano, un competitivo tennista e, alla fine, un corpo appeso ad una corda scoperto dalla moglie a dondolare nella penombra.
Respect, in ogni caso.
Tra le varie cose che ha scritto c'è Infinite Jest, considerato la vetta della sua produzione, che è un immane balenottero di quasi 1300 pagine, la metà delle quali di note a piè di pagina scritte pure in piccolo.
Viene considerato un dildo per iniziati, perché se spaventa a vedersi, spaventa ancor di più ad affrontarsi per la dedizione che richiede nel penetrare il mondo che ci dipinge attorno e tutto ciò che ci infila dentro, scritto da dio dalla prima all'ultima riga (da Wallace e dal suo Editor ovviamente, considerate sempre questo "irrilevante" aspetto dell'editoria....) non vi mollerà più neppure dopo averlo terminato, se ci arriverete.

                          Non fatevi ingannare dal fuori scala di quest'edizione americana, perché quella nostrana di Einaudi ha uno spessore di ben 7cm. Provate a misurare un libro che vi pare "ponderoso" e capirete.



Ma non è questo che mi ha indotto a sistemare Foster Wallace là, sul ripiano buono della cameretta, bensì il ben più umile racconto "Per sempre lassù" contenuto nella raccolta "Brevi interviste con uomini schifosi", che è questa qua:





Bene.
"Per sempre lassù" è il resoconto di un tuffo in piscina da un trampolino, eseguito da un quattordicenne in un'assolata domenica.
O meglio, da eseguirsi, perché in dodici paginette ci viene mostrato tutto il tragitto da terra alla pedana (con quel particolare sul punto di stacco che già di per sè vale il prezzo del biglietto), una sorta di via crucis indotta dalla paura dell'altezza che va aumentando, dalla folla che preme sugli scalini di metallo, dai profumi che si spandono nell'aria.
Durante la lettura si sente l'odore, la massima aspirazione per uno scrittore.
Farvi sentire l'odore.
E poi, alla fine, quando la prosa si fa così vibrante da diffrarsi come un raggio di luce nella poesia tanto che voi non ci capite più niente, quando non è più lettura ma pura sensorialità... puff!
CIAO.
Proprio così, ciao.
Nell'attimo in cui annuncia il salto (metti i piedi nella pelle e scompari), il salto è già finito, e con lui tutto il mondo che per dodici pagine hai abitato, risucchiato in un mulinello lungo quanto un saluto.
Ciao.
Punto e stop, racconto finito, come il telefono che suona libero nell'orecchio dopo una comunicazione importante, quando l'unico altro suono che senti nelle orecchie è quello del tuo battito.
Meraviglia.
Un racconto che acquista potenza pagina dopo pagina, fino a diventare un colosso, viene arrestato in un attimo dalla mano aperta di un neonato, minuscolo, apparentemente indifeso.

Come cazzo gli è venuta non lo so e non lo voglio sapere.
Invidio tutti quelli che non l'hanno ancora letto per quel momento supremo, quello in cui si schianteranno su quel "ciao", minuscolo, semplice, invalicabile.
E poi per un attimo lo odi per tanta capacità, sapendo che mai potrai fare di meglio.
L'odio destinato solo ai più grandi.
La sensazione provata leggendo la spettacolare conclusione di quel racconto è straordinariamente affine a quella che provo osservando quest'immagine qui sotto, trita e ritrita, ormai lisa come un gomito del golf dopo essersi appoggiati per mesi al davanzale :




Ma sempre pregna di significato, direi.
Tanto per ricordarci che i Cinesi non sono solo quelli che ridono sempre anche se li mandi affanculo, o quelli che ti vendono le cose ad un quarto del prezzo (infatti poi si scassano entro la giornata) senza conoscere il significato della parola "fattura"(né in italiano né in mandarino).
Sono predatori con buone maniere, non tutti, non sempre, ma sono anche quelli che fanno una strage e poi fanno finta di niente, anche col mondo intero a guardarli.
E sì, l'immagine è storica, ma anche il fatto che lo studente si sia preso un colpo alla nuca il giorno successivo (come riportato da numerosi fonti) dovrebbe esserlo.
Pensateci, addentando il vostro prossimo involtino primavera, e scusatevi col vostro gatto se l'avete,  perché potreste esservi appena gustati la sua mamma.

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