Questo è un post addensato, se così si può dire, come una brodaglia che, mescola mescola, diventa prima una cremina, poi un pappone, esagerando polenta.
Per farlo mi servo di pensieri alquanto liquidi innescati dall'ascolto di un brano strumentale di Sakamoto, il celeberrimo Forbidden Colors, che voi non potete sentire mentre scrivo (ma potete farlo leggendo) che ho trovato in giro per il tubo in una versione extendend superiore ai 5 minuti.
Vediamo in questo lasso di tempo, mescolando mescolando, se da brodo riesco almeno a salire al primo livello, quello di cremina.
Non è facile senza avere un cazzo di preciso in mente, ma il leporello di Gattoni potrebbe essere un inizio, un primo giro di cucchiaio nella pentola.
Un leporello è un libro grafico pieghevole realizzato in forma di striscia continua.
Questo particolare leporello è opera di un artista francese che si chiama Ugo Gattoni ed è lungo cinque metri (e alto 41 cm).
Piegato è un libro, aperto una tovaglia per i tavoli dei conventi.
Non voglio linkarlo e basta, lo metto proprio qui, perchè si merita tutto lo spazio che occupa:
si intitola Bycicle
Ovviamente si tratta di una striscia unica, immaginatelo aperto e pensate a quanto tempo spendereste armati di lente d'ingrandimento per scoprire cosa accade dietro ogni finestra, lungo ogni strada.
Sul suo sito potete vedere Ugo nell'atto di crearlo, pennino alla mano.
Perchè questo lavoro mi fa venire in mente la Pedersen poi non lo so; c'entra sicuro Ryuichi Sakamoto.
Questa è una Pedersen, la bicicletta che bramo da un decennio abbondante e che mai avrò, perché costa parecchio ed io sono prossimo alla fame:
Strana forte no?
La fa Jesper Solling in un posto in Danimarca, Christiania, un'astrazione in forma di città, un posto dove giocare all'incularella, bere thé e scolpire il legno in pace col creato, progetto naif molto sessantottino che le ragioni dell'esistenza hanno fatto in buona parte naufragare.
Oltre a quelle cose però si fa anche la bici che vedete, direttamente ispirata ai disegni del buon signor Pedersen alla metà dell'Ottocento.
L'idea è molto vicina alle invenzioni di Buckminster Fuller (vedi il mio post geodetico), una tensostruttura che qui regge il telaio nonché una sella ed un manubrio, suggerendo una postura molto seduta e molto differente dall'idea di bicicletta usuale.
Io l'ho sognata sempre con tutti gli accessori che il danese propone, non ultimi quegli splendidi cerchi in legno che trascorrerei le sere d'inverno a passare con la cera, ascoltando il suono lieve del mio invecchiare.
Il post è ancora brodo o potrebbe essere cremina?
Io ho mescolato quanto potevo.
In ultimo, la rimestata definitiva, pensando alla gestione del dopo vita: che musica sceglierei per sonorizzare il mio funerale?
Vorrei gente che piange e sbroffa nei fazzoletti o gente che sorride ricordando i bei tempi trascorsi col sottoscritto?
Certi giorni seguo una deriva eroica, perché tal mi vedo, e propendo per Fanfare for a common man di Aaron Copland, a volte mi rinchiudo nella muta solitudine del tema finale di Hulk, the Lonely man di Joe Harnell e non saprei cosa scegliere.
Oppure un pezzo "primaverile" di Barry White, tipo Let the music play?
O il pezzo di piano che Prince suona nel film Purple Rain, the father song, magari in loop (non c'è su nessun disco, la trovate suonata solo da volenterosi emuli)?
Spero di decidermi prima di lasciarvi definitivamente.
Ora chiudo, altrimenti il post da cremina mi diventa polenta.
Nessun commento:
Posta un commento