La parola rogo ha cominciato ad impressionarmi il primo agosto del 1976.
Quel pomeriggio lì, verso le 14,30 un ragazzo austriaco, Niki Lauda, campione del mondo ed idolo di tutti i ragazzini italiani, perdeva la sua Ferrari per un fatale attimo alla piega del Bergwerk e si spetasciava contro la montagna, sul al Nurburgring, l'inferno verde.
In un attimo l'inferno diventò rosso, la Ferrari si sa, rimbalzò qua e là avvolta, appunto, in un rogo.
Chi lo salvò lo sappiamo, cosa perse (un orecchio e un metro quadro di faccia, anche, quel che guadagnò come immagine di superuomo e il lancio che la Formula 1 ancora gli deve oggi è incalcolabile).
Tra l'altro in quel '76 quella pista aprì e chiuse il mese di agosto con due avvenimenti storici ed indimenticabili: questa, drammatica e l'altra, il 29, per certi versi anche: l'ultima vittoria nel Mondiale 500 della gloriosa Mv Agusta guidata da Agostini (qui sulla 350, la foto della 500 quattro vincitrice non l'ho trovata, ma a parte le tabelle gialle ed uno scarico in più era uguale).
Unica quattro tempi davanti ad una muta di Suzuki Gamma e Yamaha Yz 2t, anche lui all'ultima affermazione in carriera.
Tutto lassù, tra le mille pieghe da paura di quella pista eterna e spietata.
Ma torniamo al rogo.
All'epoca Niki Lauda era dio.
La Polistil vendeva a pacchi il modello della sua monoposto, con la chiavetta per smontare pure le ruote, questa qui, che io avevo, al pari della M23 di Hunt e della P34 di Depailler.
Beh, ci crediate o no, in quegli anni lì l'idea di scrivere il nome del pilota in grande ed in corsivo lo trovo ancora di grandissima eleganza, dovrebbero riproporlo a Maranello, ed è lì che gira tutto il problema.
Quando rombavo per la mia stanzetta con il modellino, l'occhio cadeva su quel corsivo, Niki Lauda, il pilota più veloce del mondo, il computer, seguito a debita distanza da Clay coi suoi baffi, in corsivo pure lui.
Quel giorno però, nel rogo, quel corsivo andò in fumo ed io ne rimasi scioccato.
Non ricordo se stessi vedendo la diretta, ma ricordo come fosse ieri le immagini serali del telegiornale, un carro attrezzi che senza nessun rispetto caricava i rottami anneriti della Ferrari, e quel corsivo, Niki Lauda bruciacchiato, perso, sconfitto dal fuoco.
Dal rogo.
La vera grande sfiga di Niki all'epoca si chiamò Agv in realtà.
Lauda, Fittipaldi e qualcun altro indossavano quell'anno il futuribile X1 dell'azienda italiana (combinazione, la stessa marca che indossava Ago ventotto giorni dopo, guarda tu la coincidenza).
Eccolo qui, in una riproduzione attuale che su ebay costicchia:
Il bell'elmetto con tutto il suo sistema di ventilazione venne scalzato nell'urto, e lo ritrovarono poi in condizioni un po' differenti, dalle parti dei rottami...
In quel momento Lauda si ritrovò per un minuto con solo il sottocasco a proteggerlo, senza casco e senza il tubo dell'aria per evitare di inalare i fumi della combustione e quasi si ammazzò.
Magari con un cinturino progettato meglio, avrebbe ancora capelli ed orecchie, anzi è certo, perché sul corpo riportò pochissime ustioni di risibile importanza.
E quindi, ancora oggi rogo mi rumina dentro male, è una parola che odio, e che in quegli anni si è portata via parecchia gente impegnata a fare cose belle con le macchinine rumorose.
E quella scritta poi, quel corsivo annerito che rischiava di uccidere l'eroe della mia infanzia.
Dopo quarant'anni sono ancora qui a ricordarmelo.
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