lunedì 8 agosto 2016

C'è vita su Morte?


Dai lo so, il titolo fa schifo e David si gira nella tomba (anzi no, l'han cremato), però vi voglio raccontare delle cose che poi chiariranno e magari il titolo diventerà un classico.
La mia nota malattia comincia a fare scherzacci inaspettati, tipo che ha cambiato scopo è si è insinuata tra ossa e cervello dopo aver rotto la minchia ad intestino e polmoni, perdendo ridicolmente il confronto.
Parato il colpo subito, per quanto riguarda le vertebre, anche se ho perso l'uso delle gambe per tre o quattro agghiaccianti giorni, prima di operarmi e tornare a sgambettare belluino, è stata la lesioncina rilevata al cervello a farmi riflettere.
Un chicco di riso infilato nel profondo dell'emisfero destro, dormiente, ticchettante, tipo cintura esplosiva dell'Isis pronta ma ancora senza detonatore.
Per la prima volta ho avuto paura, vera paura di morire.
Morire, morire neh, cioè quando dici buonanotte e la sveglia poi non la senti più.
Però una bella laserata one-shot ha risolto subito anche quello ed ora sto bene.
Anzi, sto benissimo.
Sto sperimentando davvero quel tristissimo (ma vero) adagio che dice che quanto più vedi la morte nelle vuote orbite tanto più apprezzi di vivere!
Infatti sono entrato in un periodo euforico come mai prima, sto producendo con qualità e abbondanza e la cosa ancora non si ferma.
Mi sveglio persino alle otto e già picchietto sui tasti pensando a cosa inventarmi.
Intanto ho completato l'ultima tessera della mia trilogia milanese che Eclissi editrice pubblicherà penso per Natale e che avrà titolo "Il triangolo quadrato", nella quale ci sarà anche un coccodrillo, poi ho impostato due libri grafici con e per le fatate manine della Dolce, "Il catalogone delle arrabbiature", una specie di Postalmarket infantile, una roba che vorrei i bambini usassero male, sbatacchiandola qua e là perché con copertina in cartoncino, poi un progetto per case francesi che tanto ci lodano ma che ancora non firmano, poi la storia di un uovo che si chiama Ovonzio, poi un manoscritto di fantascienza che ha in mano un agente in cui mi sono inventato la Trasmissione Schumann come futuro delle comunicazioni cerebrali connesse ( e che mi parla di due possibili contratti com medi editori), poi una serie di articoli preparati per propormi alla redazione di un giornale fighetto motoristico quale collaboratore esterno (ziocane, ho o non ho detenuto i record della pista a Monza (2 volte, miei cari....), al Mugello e a Misano quando i capelli non erano bianchi? Sì che l'ho!).
Fallirà tutto?
Possibile, chi lo sa, e soprattutto chi se ne frega?
Fare, fare, fare, questa è l'unica missione in questa vita breve, merdosa e di assoluto passaggio, sennò ci si rompono le palle.
Fortuna vuole non abbia optato per bambini scassacazzi e mangiavita e quindi ho un mare sconfinato di burrose possibilità davanti, grosse porte di mogano che mi si chiuderanno sul muso sfigurandomi ma anche pertugi dai quali magari passerò di giustezza.
E poi voglio la moto porca troia, perché il mio vecchio St 955 rubato ancora mi fa piangere e scaracchiare nel fazzoletto.
Uno dei misteri dell'universo, mai un suo pezzo apparso sui canali internet, e alcuni li avevo modificati in maniera evidentemente riconoscibile, mai niente di niente su tutta la rete, una moto che esiste in tre esemplari in Italia, che nessuno si caga, sparita, puff, senza un motivo apparente.
Adeso però, dopo una forte infatuazione per la Ducati Scrambler (gialla!), che quei puttani bolognesi ti vendono però a peso d'oro, sto pensando di rimanere fedele al tre, che suona come niente altro se debitamente lasciato cantare, una Street triple 675, prima versione fari tondi, al momento con 3500 ce la si accaparra ( e sono ancora il doppio di quel che potrei stanziare, ma vabbè) tutta wrappata, una bella pellicola sul serbatoio, con qualche motivo che mi aggradi, uno scarico basso, due dita sulla frizione e via a sgommare in faccia al cancro del cazzo.
Pensavo ad una cosa così, è abbastanza farabutta?
Io toglierei il monoposto, che costa, lo spoiler, che costa, il cupolino, che costa, ma mi terrei l'Arrow Low Boy che vedete montato lì sotto e poi la wrappizzo a rigoni, o a fiori hawayani, tipo l'Aprilia 250 di Valentino di secoli fa




Vedrai se poi la malattia non si leva dai coglioni.
Qui sotto invece il wrapping lo fanno per i ricchi, quel pessimo di Lapo Elkann, gran maestro di stile però, che sta avendo la bellissima idea di far riqualificare la splendida stazione Agip di Piazzale Accursio da De Lucchi, questa sotto, impiantandoci una società che si chiama Italia Custom o roba simile e tratta barche, moto, aerei allo stesso modo.



E poi l'integrazione.
Che maroni leggere banalità continue, questo sì che mi scoraggia, perché la gente reitera nella stupidità, banalizzando il pensiero senza approfondire mai una sega.
C'è un quartiere di Milano, che per la cronaca, come città, sta rinascendo su bene devo dire, riempiendo lentamente spazi abbandonati da decenni con cura e idee, che si chiama San Siro.
Da una parte la zona delle ville nobili, gente che il 675 wrappizzato ce l'ha già, contiguo al quadrilatero di case popolari sorte nel dopoguerrra per ficcarvi gli sfollati e che nei decenni sono diventate molte cose, tutte brutte e degradanti e che ora sono una succursale di Islamabad.
E si parla di integrazione, che manca, che serve...
Lo dico subito e lo dico chiaro: L'INTEGRAZIONE NON ESISTE E MAI ESISTERA'.
La società umana è composta da individui, lo dice la parola, unici ed inintegrabili.
Accoppiabili, sì, affini forse, ma non integrabili.
Per quello esistono, in ogni nazione civile, le leggi.
Tu vieni qui col velo, senza velo, col sandalo con quel che vuoi, però segui i cartelli e fai la differenziata, parcheggi dove devi, non pisci sulle auto in sosta.... segui ciò che la legge prescrive e in Italia ce n'è una per ogni minchiata, e sei a posto (tipo togliere i crocifissi da scuole e ospedali ad esempio, che sono lì abusivamente, costituzionalmente parlando, non perché lo dice un muslim).
Semplice.
Si tratta di adeguamento, non sconfitta, non integrazione e i problemi spariscono.
Se poi la donna velata viene a chiedervi la farina perché l'ha finita tanto meglio, ma è un dettaglio insignificante, non è un kibbutz quello che dobbiamo edificare ma una società civile.
Il problema semmai è che si vigili sul rispetto delle regole e qui, ahi ahi, qui sì che siamo italioti del menga.
Detto questo, al momento, nel temuto quadrilatero arabo stretto tra le vie Preneste, Tracia, Civitali si spaccia garruli come in tutta la città, come sempre è successo nei secoli dei secoli, ma le uniche bombe che tirano sono quelle da tre punti nel campetto (bello e riqualificato) di Piazza Selinunte.
E sapete perché?
Perché nel rettangolo tutti rispettano le stesse regole.
Bye bye.

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