sabato 3 maggio 2014

Agenore Fastweb

Sotto i piedi dei milanesi serpeggiano chilometri di fibra ottica.
Questo fascio di spaghetti al dente trasporta i dati per un sacco di cose, ad un sacco di gente che ringrazierebbe per questo miracolo tecnologico.
Lo farebbe se non fosse che a gestire l'affaire non fosse una società che si chiama Fastweb.
Perchè nemmeno la rapidità della trasmissione dati che ti permette di vedere scatenate pelviche su Youporn senza scatti, riesce a far passare in secondo piano la loro inadeguatezza e l'odioso monopolio che ti costringe a dargli retta anziché sfancularli come meritano.
Cheppoi non è detto che lo siano davvero inadeguati, si comportano come tali però, mandando in giro tecnici ed assumendo al call center, pare, solo ed esclusivamente gente che non sa che cazzo stia facendo lì.
Risulta quasi affascinante sentire interpretare in tre o più modi diversi lo stesso problema e addirittura esaltante scoprire come gli abbonati di vecchia data, se non rompono le balle per un adeguamento, paghino di più dei nuovi contratti per il medesimo servizio.
Questo per dire cosa?
Uhm. uhm...
Ah sì, che in una delle loro deliranti iniziative, anni fa, ci fu quella di lanciare un decoder attraverso il quale vedere programmi esclusivi.
Un cimitero per elefanti televisivo ovviamente, con dentro un po' di tutto, tipo il bidone dell'umido: qualche puntata di vecchi show di Vianello, Mina e Carrà, vaghe partite di calcio ritenute significative, cartoni animati sbiaditi e poco altro.
A differenza del bidone non puzzava per fortuna.
Però, normalmente, le cose interessanti sparivano senza lasciare tracce dopo poco, e, tra queste, delle trasmissioni rarissime di lezioni d'arte andate in onda a metà settanta.
Ne ho già parlato nel post "metafisico" a proposito di De Chirico.
Una in particolare mi ipnotizzava attraverso un processo credo simile a quello illustrato nel post del rumore bianco: Agenore Fabbri scolpiva un cavallo nel suo studio di Albisola ed io mi collegavo al pavimento attraverso sottili fili di bava.
Proprio un processo di imbesuimento, che iniziava nel sentire il suono delle mani dello scultore schiaffeggiare la massa di creta adagiata sul tavolo.
Pat, Pat, Pat... eppoi un brivido lungo la schiena quando eseguiva i suoi tipici tagli nella massa (non per nulla lavorò gomito a gomito con Fontana), frit, frit, frit... e l'ossido di rame lucidissimo e l'ingobbio... ahhh.
Per fortuna, anni dopo il filmato, oltretutto in versione extendend, è riapparso sul sito Rai Educational.
Cavallo e cavaliere li trovo bellissimi, Fabbri e l'omone baffuto che lo assiste che lui chiama splendidamente Il Fornaciante, anche.
Tra l'altro Fabbri è anche autore di un simpatico cazzone che da anni è dimenticato in uno slargo del cosiddetto Centro Direzionale che oggi, per tutti i trendsetter col negroni in mano va sotto il nome di Porta Nuova (i primi a dire Piazza Gae li ho già sentiti e mi preparo ad aggredirli verbalmente).
Eccolo qua





Mai capito se il grido di dolore che s'intuisce scaturisca dall'angoscia del casino edilizio che c'è stato lì negli ultimi quarant'anni o dal fatto che adesso che invece un po' più in là è una figata, a lui tocca stare ancorato lì in mezzo alle sterpaglie.
Mi ricordo che una volta qualche buontempone appose un preservativo alla poderosa minchia del nostro eroe, come in un afflato di condivisione intima e di virile amicizia.
Poi sparì.

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