giovedì 18 dicembre 2014

Melotti e Marzal



Se c'è un filo che lega Fausto Melotti a Marcello Gandini, questo è sicuramente fatto di lucido metallo.
Il primo, dopo una laurea in ingegneria e studi musicali, attraverso un processo creativo passato attraverso ceramiche e gessi, sintetizzò alla soglia dei settant'anni un pensiero artistico spogliato di ogni fronzolo inutile, sculture esili, vibranti di fili metallici, sottili piastrine e garzine svolazzanti.
Oggetti fatti di suono cristallizzato sull'ultima frequenza udibile dall'orecchio umano prima di sparire.
Una magia che riesce solo ai Maestri.
Questo almeno è l'effetto che la sua robina ha sempre avuto su di me.
Verificate:










Il fatto che fosse stato anche, insieme al suo amico Fontana, allievo del sommo Adolfo Wildt (di cui ho parlato nel post"Fumetti di marmo", non fa che farne lievitare la sagoma, tipo quei soufflè che nel forno promettono godimento nel breve periodo.
Stavo giusto titillandomi con un paio di foto da un libro dedicatogli che un pensiero mi assaliva: Marzal!
Lì dentro c'è lo stesso seme che ha generato la Lamborghini Marzal.
Che è quest'oggetto qui:




Gandini la disegna nel 1967 per Bertone, presso cui lavora.
Sotto il cofano sistemano un duemila a sei cilindri, ottenuto segando in due il dodici quattromila della Miura.
Ne allestiscono una su cui poggiano le regali chiappe i Grimaldi prima del Gp di Monaco di quell'anno, tanto per fare gli sboroni.
Piace.
Non entrerà mai in produzione, ma le sue linee ispireranno l'Espada, un barcone a dodici cilindri che la Lamborghini venderà negli anni settanta ai panzoni danarosi.
Ecco, io nelle linee tese della Marzal ci vedo Melotti, ci vedo quel bisogno di ridurre a pure linee di forza la struttura, togliendo tutto il superfluo: fiancata vetrata, selleria cromata, superfici trasparenti pari a quelle lamierate.
Togliere è aggiungere.
Aerea, leggiadra eppure così intensa: non vibra alla stessa frequenza delle opere di Melotti?
L'unico esemplare è stato ceduto dalla Bertone in bolletta per più di un milione e duecentomila euro, ad un'asta nel 2011.
Le quotazioni dei mobile di Melotti non le conosco ma siamo lì.
Ma questa è un'affinità solo per i rozzi dalle scarpe grosse.

Giacchè mi rivolgo invece a fini dicitori, perchè così immagino i "quater gatt" che visitano il blog, regalo una vecchia perla scritta nel 2003 o giù di lì, dal titolo "Corso di Batman".
Leggetelo, fa ridere.
Il racconto mi ha fruttato venti euro perchè pubblicata in formato e-reader sulla rete da qualcuno che non ricordo bene e che potrebbe denunciarmi per diffusione non autorizzata.
Vedremo, per me non se ne accorgeranno...



CORSO DI BATMAN (2003, circa)



Tutto era cominciato con un manifesto 35x50 nastrato sul vetro del bar.
"Corso di Barman", diceva e poi "numero chiuso, rilascio attestato" ma soprattutto "lauti guadagni" e "possibilità di carriera" scritto più piccolo ma ben visibile, concetti che mi avevano convinto a considerare al tramonto il mio status di disoccupato.
" 22 marzo - via Tiraboschi, 22 - ore 19,00 - primo piano", stava scritto sul fondo del volantino ed io puntuale nel giorno, preciso nell'ora, eccomi davanti al sobrio edificio in stile con i migliori propositi di miscelazione alcoolica.
Il civico fuori non c'era, però il portone prima era il 20, l'avevo visto, quindi non si sbagliava.
Mi spiegheranno come si riempie un mixer o come scegliere il bicchiere adatto, pensavo tra me e me salendo gli scalini.
Al primo piano una lucida targa d'ottone mi informava che dietro quella porta, l'Istituto SASN era regolarmente certificato Iso.
Mi sfuggiva il significato dell'acronimo però, nessuna "B" di bar, barman o simili dentro.
- Buonasera. E' qui per il corso?"
Una occhialuta fanciulla mi aveva accolto da dietro il banco della piccola reception, sul cartellino appuntato alla camicetta c'era scritto Barbara Gordon.
Sarà "Gordòn", è veneta probabilmente, pensai.
- Sì, esatto... Barbara. Il corso di barman. Ho letto un vostro volantino.
Mi aveva guardato con un sopracciglio sollevato: - ... di Batman.
Avevo riso giusto per galanteria a quella che mi pareva una battuta cretina.
- Certo.
- Prego. Faccio strada.
Si era staccata dal banco e mi aveva condotto lungo un corridoio poco illuminato, fino ad una stanza che si apriva sulla destra, nella quale stavano una decina di sedie allineate, una cattedra ed una lavagna, d'angolo.
Non entravo in quella che poteva dirsi l'aula di una scuola da almeno tredici anni, dalla sofferta maturità raggiunta più per grazia ricevuta che per acculturamento reale.
- Compili il modulo di accettazione. Lo ritirerò tra cinque minuti. Il professore inizierà la lezione a momenti.
Il modulo richiedeva dati personali ed informazioni generiche.
Solo non avevo capito cosa interessase alla scuola il sapere se soffrivo di vertigini e se avessi paura del buio, e men che meno quale taglia di mantello portassi...
I miei compagni di classe, sei in tutto, parevano molto tranquilli.
La ragazza era tornata a riprendersi il foglio e mi aveva sorriso, poi si era voltata per tornare di là, dandomi modo di fantasticare sul suo minuto fondoschiena.
Un fruscio alle spalle mi distrasse dagli sconci pensieri.
Il professore aveva preso posto davanti alla lavagna, scivolando in modo scandalosamente silenzioso lungo la parete alla mia sinistra.
- Buonasera signori.
- Buonasera - avevamo risposto in coro come una brava classe di alunni elementari.
Il professore era un uomo sulla sessantina con candidi capelli elegantemente pettinati all'indietro e due spalle da camallo.
Vestiva un completo nero con una spilla dorata sul risvolto della giacca. 
Aveva un accento chiaramente inglese.
- Questa è la prima lezione del corso che, come già sapete, si articolerà su tre incontri settimanali più un laboratorio di tre ore a cadenza quindicinale. Quella parte didattica verrà svolta nella sede distaccata che l'Istituto SASN ha in una palestra attrezzata.
La voce profonda non ammetteva distrazioni, anzi, non le permetteva.
- In una palestra? - pensai - Forse per preparare i cocktails vogliono braccia allenate, muscolose... boh. Ci mancano solo le flessioni.
Era seguito un breve appello, poi, uno ad uno, eravamo stati invitati ad alzarci e ad esporre le motivazioni che ci avevano portati lì.
- Beh, salve a tutti - era il mio turno e non avevo mai gradito parlare in pubblico - sono qui perché ho creduto, e credo - m'affrettai ad aggiungere - che una solida e seria formazione in questa professione possa servire agli altri prima ancora che a noi.
Il professore aveva annuito con partecipazione, poi s'era alzato e aveva raggiunto nuovamente la lavagna.
- La prima lezione verterà sul camuffamento, la parte cosiddetta "stealth" : ricordatevi che il successo dell'azione stessa dipende dai primi istanti. Una buona formazione di base può davvero salvare la vita, agli altri prima che a voi. 
E si era voltato a guardarmi mentre finiva la frase.
Mi ero sentito orgoglioso di aver fatto una buona impressione, tuttavia non riuscivo a capire a cosa servisse 'sto camuffamento mentre servivo un daiquiri: forse durante situazioni particolari, tipo una festa o a carnevale.  
- Per questo esercizio avremo a disposizione la ricostruzione di una banca. La situazione prevede sei rapinatori armati disposti nei punti da A ad F indicati sulla lavagna - e vi aveva battuto sopra con una bacchetta - due ostaggi a terra ed uno a fare da scudo al rapinatore D. Cinque minuti come limite massimo. Attrezzatura utilizzabile nello spazio ristretto: bat-a-rang e cortina fumogena.
Forse avevo capito male: rapinatori?
Il bat-a-rang poteva essere una variante del Negroni, anzi no, forse del Bloody Mary, ma la cortina fumogena a che doveva servire?
Aveva detto banca, mica discoteca.
Si era avvicinato a noi studenti e avevo potuto vedere cosa fosse quella spilla che luccicava sul tessuto nero: era un pipistrello stilizzato.
Mi ero voltato in giro, un po' smarrito a cercare sostegno nei miei colleghi, ma quelli stavano tutti composti, a prendere appunti, senza manifestare sorpresa.
Mi ero sentito battere sulla spalla: era il mio compagno della fila dietro.
- Va là, io avrei aperto con una carica di bat-dinamite, poi la cortina fumogena e poi il bat-a-rang. Tu che dici?
- Che dico... eh, io non sarei così drastico... insomma... mhh, magari starei calmo all'inizio. Bat-calmo!
Non so perché l'avevo detto, forse per sentirmi parte del giro, ma quello non si era stupito ed era tornato a scrivere ridacchiando sommessamente.
Evidentemente la maggior parte di loro già conoscevano la lista dei cocktails, partivo male.
All'intervallo mi ero alzato ed ero corso dalla ragazza alla reception, dopo essermi sentito spiegare dal professore quale nervo premere per indurre lo svenimento e la perdita di memoria temporanea.   
- Senta signorina Gordòn, mi scusi...
- Gordon.
- Ah, pensavo fosse un cognome veneto...
- Oh no, sono di Gotham.
- Ah, non conosco... volevo chiedere, ma questo che corso di barman è? Non ci sto capendo niente. Si tratta di un corso avanzato per caso?
La ragazza aveva aggrottato la fronte.
- Guardi che i corsi di barman sono al numero 22.
- Ma non è questo è il 22? 
- No, questo civico non ha numero per riservatezza. Il 22 è al portone successivo. Qui c'è il SASN, l'ha letto fuori, no?
- SASN. Sì, l'ho letto e allora?
- Società Addestramento Supereroi Notturni, questo è il corso di batman, glielo avevo detto quando è arrivato. Credevo lo sapesse.
- Come? Di Batman dice?
Una mano mi si era appoggiata alla spalla: pesava almeno due chili.
- Professor Wayne, il ragazzo qui ha sbagliato indirizzo.
Mi ero voltato trovandomi faccia a faccia col professore.
- Ragazzo, capisco che tu possa trovarti in difficoltà, sono argomenti complessi. Però nei tuoi occhi ho visto la nobiltà, l' abnegazione. Non mi sbaglio mai, tu puoi fare molto per il tuo prossimo. Molto più qui da noi che non al 22, alla scuola per barman.
Tentennavo.
- Preferisci uno spruzzato o proteggere l'umanità dal crimine? Non credo di essermi sbagliato sul tuo conto.
Come dargli torto? In fondo anche quello del supereroe è un mestiere onesto.
- Vabbè, magari ci provo...
- Bravo.
Cercavo di immaginare la faccia di mio padre quando mi sarei presentato a casa con un bel diploma da Batman.
Ero tornato in aula.
Dalla terza ora c'erano "nozioni di sbandata con la batmobile".
Bene.
Questa è la mia storia.
Anche oggi sono convinto che non è stato un caso notare quel volantino sulla porta.
E ne sono contento, comunque.
Mi sono diplomato a pieni voti ed ora copro la zona sud-ovest della città.
Ho la batmobile aziendale e ticket pasto, un buon fisso più una serie di benefit legati al numero di malviventi arrestati.
Cioè, c'è un coefficiente da moltiplicare alla cattura, a seconda che sia uno stupro, una rapina o una tentata strage.
Insomma sono felice.
L'unico problema rimane quello di convincere mia madre che maschera e mantello vanno lavati a secco, perché altrimenti stingono.

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