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L'ho affrontato senza sospetti, ridacchiando per l'impostazione e rompendomene le balle dopo venti pagine.
Poi però approfondisco la cosa e scopro che Giulia Enders, che lavora in campo medico e ne è l'autrice, in Germania ha venduto una milionata di copie del libro in questione.
Allora smetto di ridere e ci rifletto un po' su.
La ragazza, la vedete, si pone acqua e sapone, quasi adolescenziale e la scrittura riflette questa impostazione.
Il libro parla di merda, tutto il tragitto che questa fa dalla bocca al water, però, appunto con stile gné gné, ammiccante, tipo chiamare le feci "cacca" tutto il tempo e i vari organi interni in mille modi simpatici, buffi, ruffiani.
C'è anche quella che chiama "la scala di Bristol", pare codificata nel 1997, con l'analisi dei vari tipi di cacca, così che il lettore possa alzarsi dalla tavoletta, guardare in basso e cercare il suo gruppo di appartenenza senza timore.
Indubbiamente un'operazione meritoria per quanto riguarda la divulgazione, si parla dell'intero ciclo digestivo, dei disturbi (sotto forma di intolleranze a questo e quello) e degli attori di tutto il processo con parole semplici ed alla portata di tutti.
Però, mi chiedo, è mai possibile vendere un milione di copie di questa roba?
Perché?
In fondo si tratta di un libro che parla dell'intestino.
Stop.
Certo, ci sono i simpatici disegni della sorella di Giulia, Jill, a corredo, ma non credo che la cosa sia dirimente, no?
Un milione di copie di un libro che parla dell'intestino, di una storia che non c'è.
Come può svilupparsi un passaparola abbastanza potente da far volare le vendite in questo modo?
Mi sarei aspettato, dopo averlo letto, che esaurito lo zoccolo duro dei salutisti e degli impallinati del bio e del ritorno alla naturalità la cosa si arrestasse, perché dopo tre capitoli che mi descrivono i villi intestinali e la peristalsi, anche con tutte le paroline simpa che vuoi, uno prenda e lo metta via, magari senza nemmeno finirlo... invece no, a quanto pare.
E per me è un mistero, più ancora delle sfumature di grigio o nero, perché è si scritto molto meglio di quelli, ma parla di un argomento che dire "di nicchia" è fargli un complimento.
Però è così.
Se ne ricava, ma questa è una certezza che molti già conoscono, che riuscire in un campo qualsiasi, che sia quello letterario o quello che volete voi è legato ad una serie di fattori così impalpabili, così imponderabili da autorizzare a dire una parola che li riassume e racchiude tutti: CULO.
Questa la lezione che, per l'ennesima volta, ci viene impartita: nella vita ci vuole culo, e senza il culo non si va lontanissimo.
Magari un po' più distante di altri, ma certo non molto lontano.
Quindi sforzatevi sì, qualsiasi cosa facciate, ma non fatevene una malattia: senza la botta di, c'è poco da fare guys.
Proooot.