Non so perché, ma quando mi ripenso giovane la prima immagine che viene è di me col vento tra i capelli.
Come se allora tirasse vento tutti i giorni.
Mah.
La seconda è l'estate del 1987.
Non tutta, solo un pezzo, piccolo, in giugno, solo i giorni che separavano il concerto di Prince da quello di Bowie.
Non so perché, ma quando penso all'estate l'estate è quei giorni là; né prima né dopo: quelli.
E da ieri l'estate è finita, visto che il Principe ha pensato bene di lasciarci anche lui come già il Duca.
Pare un filo riduttivo, perché di cose poi ne sono seguite in abbondanza, ma la sensazione di termine di qualcosa è nettissima, come se fosse scesa una serranda.
Poi c'è che vedendo Fargo (seconda stagione), la faccenda dell'ufo mi ha entusiasmato al punto da inserire un coccodrillo nell'ultimo tassello della mia trilogia milanese.
Quelle cose che c'entrano niente con il resto, ma nelle quali il resto è talmente forte, valido e ben congegnato da renderle valore aggiunto di una storia.
Vediamo se ci riesco o viene fuori una cagata.
Dove e perché lo scoprirà chi vorrà, prima dovrei finire di scriverlo e consegnarlo allo svogliato, microscopico editore perché esca per la fine dell'anno però, e con tutti questi lutti non ho troppa voglia di scrivere.
In realtà è che sto mettendo a punto storie per bambini ed è un casino, perché io scrivo dritto ed asciutto per gli adulti, mi viene così e lavoro affinché quel tipo di narrazione sia sempre più dritta ed asciutta, ma 'sti bambini del cazzo vogliono forme più morbide e rassicuranti (almeno questo dicono quelle gran teste di minchia delle case editrici, e finché non avrò ragione di una di loro avranno buon gioco con le loro teorie del menga) e quindi passare in continuazione da un registro all'altro è impegnativo.
Però il tentativo di essere pubblicato dall'editoria per ragazzi è anche stimolante, è una sfida divertente, mi piace, nonostante la mole di porte in faccia ricevute finora, ed è una di quelle situazioni nelle quali se riesci, poi, di sassolini da estrarre dalla scarpa e tirare in testa a qualcuno ne avrai tanti.
Attendo quella povera soddisfazione con ansia, perché io sono gretto e meschino, poche balle, e godo di queste piccinerie.
E poi ho anche visto la sequenza di lotta più bella della storia, al pari solo di quella di Old Boy che sembra una striscia disegnata, ripresa com'è con un carrello laterale.
La scena è in Daredevil (prima stagione), serie che ho succhiato da Netflix con metodi truffaldini, stante la mia indigenza permanente, seconda o terza puntata e comincia da qui, con un piano sequenza magistrale:
Non scrivo "fidatevi", perché se c'è un momento in cui non mi fido è quando qualcuno lo scrive in coda ad una sua affermazione, però fatelo.
Matt pesta dei sedicenti russi con una grazia violenta e realistica commovente.
Guardo fuori, c'è il sole.
Anche in questo aprile non nevicherà.
venerdì 22 aprile 2016
lunedì 22 febbraio 2016
L'intestino di Giulia è felice
Mi hanno regalato questo libro:
:
L'ho affrontato senza sospetti, ridacchiando per l'impostazione e rompendomene le balle dopo venti pagine.
Poi però approfondisco la cosa e scopro che Giulia Enders, che lavora in campo medico e ne è l'autrice, in Germania ha venduto una milionata di copie del libro in questione.
Allora smetto di ridere e ci rifletto un po' su.
La ragazza, la vedete, si pone acqua e sapone, quasi adolescenziale e la scrittura riflette questa impostazione.
Il libro parla di merda, tutto il tragitto che questa fa dalla bocca al water, però, appunto con stile gné gné, ammiccante, tipo chiamare le feci "cacca" tutto il tempo e i vari organi interni in mille modi simpatici, buffi, ruffiani.
C'è anche quella che chiama "la scala di Bristol", pare codificata nel 1997, con l'analisi dei vari tipi di cacca, così che il lettore possa alzarsi dalla tavoletta, guardare in basso e cercare il suo gruppo di appartenenza senza timore.
Indubbiamente un'operazione meritoria per quanto riguarda la divulgazione, si parla dell'intero ciclo digestivo, dei disturbi (sotto forma di intolleranze a questo e quello) e degli attori di tutto il processo con parole semplici ed alla portata di tutti.
Però, mi chiedo, è mai possibile vendere un milione di copie di questa roba?
Perché?
In fondo si tratta di un libro che parla dell'intestino.
Stop.
Certo, ci sono i simpatici disegni della sorella di Giulia, Jill, a corredo, ma non credo che la cosa sia dirimente, no?
Un milione di copie di un libro che parla dell'intestino, di una storia che non c'è.
Come può svilupparsi un passaparola abbastanza potente da far volare le vendite in questo modo?
Mi sarei aspettato, dopo averlo letto, che esaurito lo zoccolo duro dei salutisti e degli impallinati del bio e del ritorno alla naturalità la cosa si arrestasse, perché dopo tre capitoli che mi descrivono i villi intestinali e la peristalsi, anche con tutte le paroline simpa che vuoi, uno prenda e lo metta via, magari senza nemmeno finirlo... invece no, a quanto pare.
E per me è un mistero, più ancora delle sfumature di grigio o nero, perché è si scritto molto meglio di quelli, ma parla di un argomento che dire "di nicchia" è fargli un complimento.
Però è così.
Se ne ricava, ma questa è una certezza che molti già conoscono, che riuscire in un campo qualsiasi, che sia quello letterario o quello che volete voi è legato ad una serie di fattori così impalpabili, così imponderabili da autorizzare a dire una parola che li riassume e racchiude tutti: CULO.
Questa la lezione che, per l'ennesima volta, ci viene impartita: nella vita ci vuole culo, e senza il culo non si va lontanissimo.
Magari un po' più distante di altri, ma certo non molto lontano.
Quindi sforzatevi sì, qualsiasi cosa facciate, ma non fatevene una malattia: senza la botta di, c'è poco da fare guys.
Proooot.
:

L'ho affrontato senza sospetti, ridacchiando per l'impostazione e rompendomene le balle dopo venti pagine.
Poi però approfondisco la cosa e scopro che Giulia Enders, che lavora in campo medico e ne è l'autrice, in Germania ha venduto una milionata di copie del libro in questione.
Allora smetto di ridere e ci rifletto un po' su.
La ragazza, la vedete, si pone acqua e sapone, quasi adolescenziale e la scrittura riflette questa impostazione.
Il libro parla di merda, tutto il tragitto che questa fa dalla bocca al water, però, appunto con stile gné gné, ammiccante, tipo chiamare le feci "cacca" tutto il tempo e i vari organi interni in mille modi simpatici, buffi, ruffiani.
C'è anche quella che chiama "la scala di Bristol", pare codificata nel 1997, con l'analisi dei vari tipi di cacca, così che il lettore possa alzarsi dalla tavoletta, guardare in basso e cercare il suo gruppo di appartenenza senza timore.
Indubbiamente un'operazione meritoria per quanto riguarda la divulgazione, si parla dell'intero ciclo digestivo, dei disturbi (sotto forma di intolleranze a questo e quello) e degli attori di tutto il processo con parole semplici ed alla portata di tutti.
Però, mi chiedo, è mai possibile vendere un milione di copie di questa roba?
Perché?
In fondo si tratta di un libro che parla dell'intestino.
Stop.
Certo, ci sono i simpatici disegni della sorella di Giulia, Jill, a corredo, ma non credo che la cosa sia dirimente, no?
Un milione di copie di un libro che parla dell'intestino, di una storia che non c'è.
Come può svilupparsi un passaparola abbastanza potente da far volare le vendite in questo modo?
Mi sarei aspettato, dopo averlo letto, che esaurito lo zoccolo duro dei salutisti e degli impallinati del bio e del ritorno alla naturalità la cosa si arrestasse, perché dopo tre capitoli che mi descrivono i villi intestinali e la peristalsi, anche con tutte le paroline simpa che vuoi, uno prenda e lo metta via, magari senza nemmeno finirlo... invece no, a quanto pare.
E per me è un mistero, più ancora delle sfumature di grigio o nero, perché è si scritto molto meglio di quelli, ma parla di un argomento che dire "di nicchia" è fargli un complimento.
Però è così.
Se ne ricava, ma questa è una certezza che molti già conoscono, che riuscire in un campo qualsiasi, che sia quello letterario o quello che volete voi è legato ad una serie di fattori così impalpabili, così imponderabili da autorizzare a dire una parola che li riassume e racchiude tutti: CULO.
Questa la lezione che, per l'ennesima volta, ci viene impartita: nella vita ci vuole culo, e senza il culo non si va lontanissimo.
Magari un po' più distante di altri, ma certo non molto lontano.
Quindi sforzatevi sì, qualsiasi cosa facciate, ma non fatevene una malattia: senza la botta di, c'è poco da fare guys.
Proooot.
domenica 7 febbraio 2016
Trapezio
Le associazioni spontanee che il cervello fa sono sempre degne di attenzione.
Ad esempio, oggi, reduce da una visita al Mudec, me ne torno a casa con una foto nel cellulare.
La foto è questa:

Si tratta di una statuina di legno, africana.
A parte tutto ciò che di lei si poteva dire, a me della sua africanità interessava poco.
Quel che più mi colpiva era qualcosa che l'oggetto aveva messo in moto ai piani alti, quelle cose, appunto, che il cervello si mette ad elaborare quasi di nascosto, mentre manda avanti la baracca e sovrintende a tutto il resto, salvo poi risputarti fuori l'argomento quando ha deciso cosa farci.
In sostanza la postura mi ricordava qualcosa di ben più europeo e contemporaneo che inizialmente non focalizzavo.
Poi ecco la luce:

Il tipo fotografato sul retro di Transformer, album del...boh 73? di Lou Reed.
La sbandata glam di Lou Reed per precisare, quando lui, truccato da Ziggy in persona, si presentava con zeppe, ombretto e unghie dipinte di nero.
I pezzi inclusi, che lì potete vedere, vi danno la misura dell'opera.
E la foto, quella della minchia del soggetto, invero atomica.
Tutto soddisfatto dell'intuizione mi dispongo ad accendere la Playstation, salvo poi sentire che il parto non é concluso, forse un gemello?
Sì, perché subito mi viene il pensiero di un'altra immagine, questa:

Che è invece la copertina di The Idiot, Iggy Pop anno '77.
Posizione assimilabile al minchiuto e quindi alla statuina apotropaica, ma anche legata in qualche modo a Lou Reed attraverso Bowie, che, non pago di creare quel che creava per sé, aveva pure prodotto il lavoro di Reed e addirittura scritto questo per l'Iguana...
Dico addirittura perché, nel secondo caso, in quel 1977, il Duca Bianco ebbe la forza creativa sufficiente per comporre Low, Heroes, The idiot e pure Lust For Life, sempre per Pop.
Come ci sia riuscito non lo so, ma giustifica pienamente quello che il mondo ha detto di lui dopo che se ne è andato a gennaio.
Ma, dato che le contrazioni continuavano, ho riaperto le gambe e ho spinto, per vedere cosa ancora dovevo partorire:

Questo.
Notate analogie con la copertina di The Idiot?
Esatto, si ispira a questo dipinto di Erich Heckel che si intitola Roquairol, dei primi anni del novecento, figlio di un movimento, l'espressionismo tedesco, che ha segnato pittura, cinema, grafica e chissà cos'altro.
Questa faccenda di trovare un aggancio tra cose diverse mi ha fatto visualizzare fugacemente un trapezio, che deve essere afferrato al volo per non cadere di sotto e continuare le evoluzioni, esattamente come si afferra un pensiero per la coda scoprendo che si porta appiccicati addosso altri pensieri, altri mondi.
A questo serve leggere, brutti stronzi che non lo fate, a conoscere più cose del mondo e a stupirsene, e goderne, e a sentirsi meno di passaggio, meno precari in questo nonsense che viviamo.
Uhm... trapezio pensavo... trapezio... e di nuovo una contrazione:

Voilà, Trapezio: Renatone anno 1976, terzo album della carriera, che ha, guarda caso, punti di contatto col resto del discorso fatto, non foss'altro per il fatto che allora il suo travestitismo era stato accostato proprio al glam di Bowie del '72-'73 (con anni di ritardo, ma siamo italiani, non scordiamolo mai).
Basta, credo.
Il filone mi pare si esaurisca qui.
Certo che se una singola statuina fa questo effetto, chissà cosa può sortire una statuona?
Ad esempio, oggi, reduce da una visita al Mudec, me ne torno a casa con una foto nel cellulare.
La foto è questa:

Si tratta di una statuina di legno, africana.
A parte tutto ciò che di lei si poteva dire, a me della sua africanità interessava poco.
Quel che più mi colpiva era qualcosa che l'oggetto aveva messo in moto ai piani alti, quelle cose, appunto, che il cervello si mette ad elaborare quasi di nascosto, mentre manda avanti la baracca e sovrintende a tutto il resto, salvo poi risputarti fuori l'argomento quando ha deciso cosa farci.
In sostanza la postura mi ricordava qualcosa di ben più europeo e contemporaneo che inizialmente non focalizzavo.
Poi ecco la luce:

Il tipo fotografato sul retro di Transformer, album del...boh 73? di Lou Reed.
La sbandata glam di Lou Reed per precisare, quando lui, truccato da Ziggy in persona, si presentava con zeppe, ombretto e unghie dipinte di nero.
I pezzi inclusi, che lì potete vedere, vi danno la misura dell'opera.
E la foto, quella della minchia del soggetto, invero atomica.
Tutto soddisfatto dell'intuizione mi dispongo ad accendere la Playstation, salvo poi sentire che il parto non é concluso, forse un gemello?
Sì, perché subito mi viene il pensiero di un'altra immagine, questa:

Che è invece la copertina di The Idiot, Iggy Pop anno '77.
Posizione assimilabile al minchiuto e quindi alla statuina apotropaica, ma anche legata in qualche modo a Lou Reed attraverso Bowie, che, non pago di creare quel che creava per sé, aveva pure prodotto il lavoro di Reed e addirittura scritto questo per l'Iguana...
Dico addirittura perché, nel secondo caso, in quel 1977, il Duca Bianco ebbe la forza creativa sufficiente per comporre Low, Heroes, The idiot e pure Lust For Life, sempre per Pop.
Come ci sia riuscito non lo so, ma giustifica pienamente quello che il mondo ha detto di lui dopo che se ne è andato a gennaio.
Ma, dato che le contrazioni continuavano, ho riaperto le gambe e ho spinto, per vedere cosa ancora dovevo partorire:

Questo.
Notate analogie con la copertina di The Idiot?
Esatto, si ispira a questo dipinto di Erich Heckel che si intitola Roquairol, dei primi anni del novecento, figlio di un movimento, l'espressionismo tedesco, che ha segnato pittura, cinema, grafica e chissà cos'altro.
Questa faccenda di trovare un aggancio tra cose diverse mi ha fatto visualizzare fugacemente un trapezio, che deve essere afferrato al volo per non cadere di sotto e continuare le evoluzioni, esattamente come si afferra un pensiero per la coda scoprendo che si porta appiccicati addosso altri pensieri, altri mondi.
A questo serve leggere, brutti stronzi che non lo fate, a conoscere più cose del mondo e a stupirsene, e goderne, e a sentirsi meno di passaggio, meno precari in questo nonsense che viviamo.
Uhm... trapezio pensavo... trapezio... e di nuovo una contrazione:

Voilà, Trapezio: Renatone anno 1976, terzo album della carriera, che ha, guarda caso, punti di contatto col resto del discorso fatto, non foss'altro per il fatto che allora il suo travestitismo era stato accostato proprio al glam di Bowie del '72-'73 (con anni di ritardo, ma siamo italiani, non scordiamolo mai).
Basta, credo.
Il filone mi pare si esaurisca qui.
Certo che se una singola statuina fa questo effetto, chissà cosa può sortire una statuona?
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venerdì 29 gennaio 2016
Lobstros
Una delle gioie più violente della mia vita è stata, una mattina piuttosto presto che era Natale, alzarmi dal letto, sentire la moquette meno ruvida di quanto fosse per l'euforia, accendere la luce e osservare la piccola distesa di pacchi sotto l'albero.
Stranezza vuole che anche una delle delusioni più cocenti sia legata al Natale, cioè passarlo in ospedale (l'ultimo, per inciso), ché a me di stare a casa a vedere Eddie Murphy in poltrona per l'ennesima volta piace assai e mi è pesato perderlo per stare lì con un drenaggio addosso.
Comunque, giudico che quella grande felicità appartenga al triennio '79-'81, i natali migliori perché nella fascia magica in cui hanno convissuto la consapevolezza che i desiderata passano dalla porta e non dal camino e l'amore per il gioco non ancora travolto da quello per la figa.
Comunque, quella mattina scarto e trovo il Baron Karza, il capo degli Evil Acroyear diceva la scatola, e il Force Commander, quell'altro.
Tutti e due facevano parte della linea dei Micronauti ed io, come la stragrande maggioranza dei bambini dell'epoca ad essi anelavo.
Mi ricordo ancora esattamente quanti e quali possedevo, menzione d'onore per il Terraphant e l'Hornetroid ma soprattutto l'Ampzilla, con cui sterminavo i nemici in sanguinosi combattimenti.
Cazzo, l'Ampzilla che nostalgia.
Chissà dove e quando è sparito, magari schiacciato magari no, boh, fatto sta che qualche tempo fa, in un afflato di stronzaggine ne ho digitato il nome su Ebay, quasi vergognandomi, per capire se ci fosse la possibilità di mettermene di nuovo uno sul comodino insieme al Viagra.
Bum.
Il passato è ritornato prendendomi a sganassoni; tutti quei nomi, quei personaggi erano lì in attesa, pronti a saltare di nuovo fuori e prendermi per il collo: li rivolevo tutti!
E l'Ampzilla, il dinosauro a rotelle, è uno dei pezzi più ambiti che spunta quotazioni scandalose.
Il mio comodino rimarrà quindi orfano ancora per molto, ma in compenso ho scoperto l'esistenza del Lobstros!
Ecco il perchè del titolo; un granchione rosso mattone che sarebbe dovuto essere pilotato da Lobros (che fantasia) che io avevo e che potete intravedere sdraiato nella creatura (proveniente dal lontano pianeta Hydra, apprendo dalla scatola).
Potete immaginare la mia espressione in quel momento di scoperta.
Allora le possibilità di informarsi erano confinate alle pagine dei cataloghi, a quelle di Topolino (che non leggevo) o direttamente alle vetrine dei negozi.
In nessuno dei tre casi avevo avuto notizia della sua esistenza, e il potere della scoperta, seppure fatta a quarantacinque anni ha avuto lo stesso sapore di quelle di allora: lo voglio!
Peccato che si tratti del pezzo in assoluto più ricercato dai collezionisti di cose Micronaute e come tale sia irraggiungibile; anzi meglio, perché questa mia triste reazione bambina va punita e ripunita.
Il Lobstros... ma pensa a scrivere qualcosa che venda, cretino.
p.s.
Se però, beninteso, qualche fan volesse, anziché inviarmi un paio di mutandine, spedirmi un Lobstros io mi sentirei di accettare.
Stranezza vuole che anche una delle delusioni più cocenti sia legata al Natale, cioè passarlo in ospedale (l'ultimo, per inciso), ché a me di stare a casa a vedere Eddie Murphy in poltrona per l'ennesima volta piace assai e mi è pesato perderlo per stare lì con un drenaggio addosso.
Comunque, giudico che quella grande felicità appartenga al triennio '79-'81, i natali migliori perché nella fascia magica in cui hanno convissuto la consapevolezza che i desiderata passano dalla porta e non dal camino e l'amore per il gioco non ancora travolto da quello per la figa.
Comunque, quella mattina scarto e trovo il Baron Karza, il capo degli Evil Acroyear diceva la scatola, e il Force Commander, quell'altro.
Tutti e due facevano parte della linea dei Micronauti ed io, come la stragrande maggioranza dei bambini dell'epoca ad essi anelavo.
Mi ricordo ancora esattamente quanti e quali possedevo, menzione d'onore per il Terraphant e l'Hornetroid ma soprattutto l'Ampzilla, con cui sterminavo i nemici in sanguinosi combattimenti.
Cazzo, l'Ampzilla che nostalgia.
Chissà dove e quando è sparito, magari schiacciato magari no, boh, fatto sta che qualche tempo fa, in un afflato di stronzaggine ne ho digitato il nome su Ebay, quasi vergognandomi, per capire se ci fosse la possibilità di mettermene di nuovo uno sul comodino insieme al Viagra.
Bum.
Il passato è ritornato prendendomi a sganassoni; tutti quei nomi, quei personaggi erano lì in attesa, pronti a saltare di nuovo fuori e prendermi per il collo: li rivolevo tutti!
E l'Ampzilla, il dinosauro a rotelle, è uno dei pezzi più ambiti che spunta quotazioni scandalose.
Il mio comodino rimarrà quindi orfano ancora per molto, ma in compenso ho scoperto l'esistenza del Lobstros!
Ecco il perchè del titolo; un granchione rosso mattone che sarebbe dovuto essere pilotato da Lobros (che fantasia) che io avevo e che potete intravedere sdraiato nella creatura (proveniente dal lontano pianeta Hydra, apprendo dalla scatola).
Potete immaginare la mia espressione in quel momento di scoperta.
Allora le possibilità di informarsi erano confinate alle pagine dei cataloghi, a quelle di Topolino (che non leggevo) o direttamente alle vetrine dei negozi.
In nessuno dei tre casi avevo avuto notizia della sua esistenza, e il potere della scoperta, seppure fatta a quarantacinque anni ha avuto lo stesso sapore di quelle di allora: lo voglio!
Peccato che si tratti del pezzo in assoluto più ricercato dai collezionisti di cose Micronaute e come tale sia irraggiungibile; anzi meglio, perché questa mia triste reazione bambina va punita e ripunita.
Il Lobstros... ma pensa a scrivere qualcosa che venda, cretino.
p.s.
Se però, beninteso, qualche fan volesse, anziché inviarmi un paio di mutandine, spedirmi un Lobstros io mi sentirei di accettare.
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giovedì 21 gennaio 2016
Turpe vecchiezza
Così la chiamava D'Annunzio, e se lo diceva uno che secondo la vulgata s'era fatto togliere una costola per potersi spompinare... ah, la vulgata.
La vulgata è veramente uno schifo.
Col tempo si è distillata in "gossip", così come molte altre cose che, com'è come non è, adesso vanno pronunciate in inglese, che sì, sarà l'originale però... perchè?
Una volta leggevo i Vendicatori e l'Uomo Ragno, adesso al cinema o dico "Avengers" e "SpiderMan" oppure non mi staccano il biglietto.
Sui fumetti idem.
Vuoi vedere che devo cominciare a farmi chiamare Alexander?
Che poi Alessandro Belloni come potrebbe diventare?
Alex Prettiest?
Mi piace, peccato che il titolo del post è già "turpe vecchiezza" altrimenti ci avrei visto bene 'sto Alex Prettiest.
Chissà che provando a proporre qualche manoscritto con quel nome straniero non sortisca migliore effetto che col mio tristo originale.
Proverò.
Però il titolo è per altro: da poco sono reduce dalla visione di Guerre Stellari (pardon: Star Wars), un'ora o poco più.
"E allora?" direte, ormai l'hanno visto già tutti il film.
Esatto, è proprio questo il nodo: pellicola uscita il 16 di dicembre che io, per motivi meramente fisici ho potuto vedere solo stasera, ad un pelo dalla sua discesa dal cartellone.
Pallottoliere alla mano ho trascorso dal 10 di dicembre un totale di quattordici giorni in ospedale (Natale compreso) ed altrettanti a casa semi allettato.
Un po' questo, un po' quello, per non annoiarmi, un campionario completo sul disfacimento fisico in atto che spero non sia ancora irreversibile.
Da qui il titolo, ma la magia, nonostante 'sta turpitudine, c'è stata ancora.
Filtrata, ridimensionata, compressa ma c'è stata.
Una lacrima interiore però l'ho versata, perché questa riproposizione in scala maggiore dello stesso concetto (tra il primo Guerre e questo non c'è poi questa gran differenza di plot) ha evidenziato l'enorme sproporzione di queste due ore nel buio della sala su di me ora e su di me (all)ora.
Me lo ricordo perfettamente quel pomeriggio al Cinema Manzoni di Milano nel 1977: il cartellone con Skywalker e la spada sollevata sopra la testa, il salone gremito, le scale e la massa di spettatori che le salivano diretti in sala, poi il buio.
Due ore che non ho mai più dimenticato, un viaggio fantastico in uno Spazio finalmente reale nella sconfinata grandezza dello schermo cinematografico, uno shock per quel settenne che ero, che avrei poi rinforzato con i giocattoli dei personaggi e dei mezzi del film.
Quando in cameretta facevo volare il mio Millennium Falcon di plastica tornavo là dentro, in quel buio magico e straordinario.
Questa sera no, ho goduto compostamente di quel che vedevo e sono uscito soddisfatto.
Ecco quello che perdiamo nel viaggio, anche quando ci sforziamo di mantenere vivo il bambino che c'era, da qualche parte, dentro.
La magia.
D'Annunzio ci aveva preso in pieno, ecco perchè aveva pensato di ovviare autociucciandoselo.
Ammesso che la vulgata... ecc.ecc.
lunedì 18 gennaio 2016
Brevi rabbiosi brainstorming
L'idea è arrivata.
Come sempre succede l'ha fatto dalla direzione che non ti aspettavi, come quando ti scontri con qualcuno che non hai visto nello specchietto:
- Ma veniva da lì?
- No, da là.
Il nome dell'untore verrà celato sotto pseudonimo, acciocché egli venga protetto dal torchio del successo, e lo stabiliamo qui ed ora in "Il Rude Evin".
Orbene, il Rude Evin che da un po' la remenava (neologismo meneghino che sta per "riproponeva esercitando educata ma costante pressione") svolge un delicato mestiere di contatto.
Contatto umano, quello della peggior specie, quello nel quale si discutono questioni di vita quotidianissima, lavando panni sporchi e regolando conti a viso aperto in fredde stanze illuminate da freddi neon.
Comunque, l'idea del Rude Evin ha messo in moto la mia e quindi ecco concepito il feto di quel che sarà l'ultimo tassello della trilogia milanese, iniziata con "Annegando Milano" e proseguita con "Le ragioni del colon".
Come al solito ho già il titolo prima ancora di capire da che parte andrà la storia: "La moglie dell'amministratore".
Odio, grettezza, un cadavere ammazzato male (quanto male? Suggerite pure), gente che fa e che disfa, gente che scopa (quanto scopa? Suggerite pure), varie ed eventuali.
Tutto il baraccone insomma.
Non ho scritto ancora una riga, le parti vanno densificando in testa al momento, quindi penso che troverete il libro sullo scaffale pronto alla vendita per il prossimo novembre, direi.
Contenti?
Non contenti?
Testimonierò convenientemente la gestazione con ecografie del manoscritto.
Le troverete sulla pagina Facebook e Instagram del sottoscritto a partire da tra un po'.
L'idea è di partire dal coito e proseguire fino all'università del nascituro, cioè il primo rendiconto di vendita fornito dalle librerie, sei od otto mesi dopo la pubblicazione.
Mi piace, spero anche a voi.
Altrimenti va bene lo stesso.
sabato 16 gennaio 2016
Sperimentare
Apprendo che Volo ha venduto 28.000 copie del suo libro in una settimana.
Sono sinceramente invidioso, s'intende, ma anche affascinato dai comportamenti ingiustificati di quella multiforme ameba che è la gente.
Che sono anche io, anche se non l'ho comprato, che ho invece trascorso gli ultimi giorni in uno stato di malinconica castrazione psicologica a causa del decesso del Duca Blanco e di un pernicioso raffreddore.
Blackstar sta vendendo tantissimo, ma Bowie è dovuto morire per arrivare a tanto.
Volo sta benissimo e vende lo stesso.
La vedo solo io la frizzante ironia?
Lunga vita a Volo comunque, ora che Ziggy è definitivamente ripartito per Marte, sperando che tragga ispirazione dal mito e provi magari a variare un pelo, solo un pelo, la struttura dei suoi romanzi, invero un po' ripetitivi.
Ma poi perché dovrebbe: vende comunque e quindi ha ragione lui.
Mi domando poi come si possa realmente sperimentare in letteratura, stretti come si è nelle regole della parola scritta: il flusso di coscienza l'ha già utilizzato Joyce, il cut upping Burroughs, la composizione sotto acido Hunter Thompson e quella sotto alcool un sacco d'altri.
Che cosa rimane da fare?
Eppoi conviene davvero?
Leggo le prose sconnesse della Santacroce, obbligate dal personaggio che s'è costruita, e mi chiedo perché lo faccia e chi riesca a leggerla, che già a star dietro a due paginette di Pinketts, per dire, è impresa titanica nonostante lui si prenda apparentemente meno sul serio.
Probabile sia così, oggi, che lo spazio di manovra sia terminato, tutti costretti a scrivere la rigida storia fantagiallarosanera stando ben allineati ché già trovare un editore così è un'impresa, figurati se mi metto a dar di matto
Non si può scrivere un equivalente di Low e me ne dispiaccio.
Poi vedo Messi che alza il quinto pallone d'oro e mi chiedo se davvero vale quattro volte di più del Maradona che mi ricordo di aver visto da ragazzino.
Mi sa di no, anche se la memoria fa sempre scherzi strani, santifica, perdona, innalza.
Dove voglio andare a parare non lo so, infatti ho forti dubbi circa quello che devo scrivere nelle etichette, anche se poi serve ad un cazzo perché qua ci passano in quattro gatti e pure spelacchiati.
Che a ben guardare è un bel vantaggio perché sono libero di fare quello che mi pare, monellescamente anche bestemmiare duro e senza motivo alcuno (posto che c'è sempre un motivo per farlo).
Lo faccio?
Tiro il porcone?
Ma no, dai.
La prossima volta magari.
Se ci sarà, perchè questa faccenda del blog mi ha già bel che rotto le scatole.
Però dicono che serve... boh.
Un giornalista del Corriere in una recensione di "Annegando Milano" ha scritto del sottoscritto "cuore da blogger"...
Andiamo bene.
Anzi sai che ti dico, per questo post non metto nemmeno un'etichetta, niente che possa teoricamente farlo emergere su google e parenti suoi.
Vediamo cosa succede, se viene letto dai soliti cinque, oppure diventano quindici o magari zero.
Visto che posso sperimentare anche io?
Sono sinceramente invidioso, s'intende, ma anche affascinato dai comportamenti ingiustificati di quella multiforme ameba che è la gente.
Che sono anche io, anche se non l'ho comprato, che ho invece trascorso gli ultimi giorni in uno stato di malinconica castrazione psicologica a causa del decesso del Duca Blanco e di un pernicioso raffreddore.
Blackstar sta vendendo tantissimo, ma Bowie è dovuto morire per arrivare a tanto.
Volo sta benissimo e vende lo stesso.
La vedo solo io la frizzante ironia?
Lunga vita a Volo comunque, ora che Ziggy è definitivamente ripartito per Marte, sperando che tragga ispirazione dal mito e provi magari a variare un pelo, solo un pelo, la struttura dei suoi romanzi, invero un po' ripetitivi.
Ma poi perché dovrebbe: vende comunque e quindi ha ragione lui.
Mi domando poi come si possa realmente sperimentare in letteratura, stretti come si è nelle regole della parola scritta: il flusso di coscienza l'ha già utilizzato Joyce, il cut upping Burroughs, la composizione sotto acido Hunter Thompson e quella sotto alcool un sacco d'altri.
Che cosa rimane da fare?
Eppoi conviene davvero?
Leggo le prose sconnesse della Santacroce, obbligate dal personaggio che s'è costruita, e mi chiedo perché lo faccia e chi riesca a leggerla, che già a star dietro a due paginette di Pinketts, per dire, è impresa titanica nonostante lui si prenda apparentemente meno sul serio.
Probabile sia così, oggi, che lo spazio di manovra sia terminato, tutti costretti a scrivere la rigida storia fantagiallarosanera stando ben allineati ché già trovare un editore così è un'impresa, figurati se mi metto a dar di matto
Non si può scrivere un equivalente di Low e me ne dispiaccio.
Poi vedo Messi che alza il quinto pallone d'oro e mi chiedo se davvero vale quattro volte di più del Maradona che mi ricordo di aver visto da ragazzino.
Mi sa di no, anche se la memoria fa sempre scherzi strani, santifica, perdona, innalza.
Dove voglio andare a parare non lo so, infatti ho forti dubbi circa quello che devo scrivere nelle etichette, anche se poi serve ad un cazzo perché qua ci passano in quattro gatti e pure spelacchiati.
Che a ben guardare è un bel vantaggio perché sono libero di fare quello che mi pare, monellescamente anche bestemmiare duro e senza motivo alcuno (posto che c'è sempre un motivo per farlo).
Lo faccio?
Tiro il porcone?
Ma no, dai.
La prossima volta magari.
Se ci sarà, perchè questa faccenda del blog mi ha già bel che rotto le scatole.
Però dicono che serve... boh.
Un giornalista del Corriere in una recensione di "Annegando Milano" ha scritto del sottoscritto "cuore da blogger"...
Andiamo bene.
Anzi sai che ti dico, per questo post non metto nemmeno un'etichetta, niente che possa teoricamente farlo emergere su google e parenti suoi.
Vediamo cosa succede, se viene letto dai soliti cinque, oppure diventano quindici o magari zero.
Visto che posso sperimentare anche io?
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